Julie Cavaliere

di Riccardo Triolo
  • martedì, 6 settembre 2022

PUNTO DI VISTA
La fiaba, si sa, è narrazione per antonomasia. Ogni rilettura fiabesca – inclusi cartoon e live action Disney – si confronta quindi non solo con la tradizione, ma anche con il dispositivo narrativo sotteso a ogni racconto. Nyssa, diretto dalla produttrice, attrice e filmmaker americana Julie Cavaliere, è parte di una serie dedicata proprio alle fiabe tradizionali ed è una rilettura VR di Storia di uno che se ne andò in cerca della paura dei fratelli Grimm. Indossato il visore, ci troviamo già oltre la soglia (limite fondamentale da oltrepassare per entrare in ogni fiaba) e assistiamo a una serie di avventure che coinvolgono la piccola Nyssa – la fiaba è virata al femminile – smaniosa di andare incontro a un’invasione oscura (che rappresenta la paura stessa) per sconfiggerla. Come si traduce in VR il meccanismo della fiaba? Quali sono le sue marcature estetiche?
Innanzitutto, la soglia. Non è marcata, non si dà. Per quanto l’oltrepassamento della soglia coincida de facto con l’atto di indossare il visore: un atto estraneo alla narrazione, dunque, che non risulta però tematizzato in alcun modo e produce uno svuotamento del racconto dal suo essere, appunto, una fiaba.
C’è poi lo straniante conflitto interno che si genera tra punti di vista. Nella fiaba la narrazione è affidata a una voce estranea al contesto, una voce narrante appunto. Che qui non c’è. Qui l’istanza narrativa è affidata al nostro punto di vista, al tempo stesso esterno alla storia ma interno all’ambiente in cui la storia si consuma. Osserviamo l’azione da un punto di vista interno al mondo della fiaba, come se la spiassimo di nascosto. Questo perché la narrazione immersiva ci cala all’interno del mondo in cui la storia prende vita, non potrebbe essere altrimenti. Ci troviamo spiazzati: testimoni invisibili, voyeur di una vicenda ambientata in uno spazio e in un tempo indeterminati in cui siamo immersi, senza essere partecipi. La regista di tanto in tanto ci solleva per consentirci di osservare l’azione da un punto di vista più prossimo alla scena. Questi movimenti di macchina finiscono per attribuirci uno status aereo e incorporeo perché, a differenza di quanto avviene con i movimenti di macchina del cinema che sanno essere trasparenti, nella VR ogni variazione del punto di vista del fruitore genera un effetto sensibile: ci spostiamo nello spazio narrativo “fisicamente”.
Non esiste – almeno non qui – una prassi linguistica in grado di marcare in modo significativo questo aspetto del racconto, sfruttandolo a fini espressivi.
Ne siamo certi: presto le tecniche narrative in VR si affineranno, guadagneranno in coerenza, sapranno diventare autenticamente espressive e saranno in grado di restituirci, in una forma nuova, tutta la potenza del racconto.

REIMAGINED VOLUME I: NYSSA
CONCORSO
di Julie Cavaliere
(USA, 15’)