Il londinese Henry Sugar (Benedict Cumberbatch) è un cittadino benestante con una passione smodata per le scommesse e per il brivido del rischio. Venuto a conoscenza del caso d...
La meravigliosa storia di Henry Sugar. Todorov, filosofo e saggista, amico di Roland Barthes, avrebbe amato questo racconto di Roald Dahl. Se il fantastico è un momento di esitazione tra il credere o meno ad un evento apparentemente sovrannaturale, e se questo sentimento lo deve provare il personaggio e il lettore, questo racconto è un racconto fantastico. Senza dimenticare gli insegnamenti morali e i gustosi ritratti dei vari caratteri.
Henry Sugar è uno scapolo d’oro, di quarant’anni, annoiato dalla vita, ricco nella sua villa a Londra, con la sua Ferrari e le sue vacanze nelle Indie Occidentali. Il suo detto preferito è «meglio farsi biasimare che sgobbare». Per vincere la noia gioca a carte e scommette su tutto, anche sulle gare tra tartarughe. Un essere inutile. Un giorno, estromesso da una partita di canasta, rintraccia in biblioteca un manoscritto. Ora, nella tradizione letteraria i manoscritti ritrovati abbondano, da Cervantes a Manzoni. Sicuramente anche l’Ivanhoe di Walter Scott non è ignoto a Dahl. Il manoscritto riporta un resoconto di una conversazione con Imhrat Khan, l’uomo che riusciva a vedere senza servirsi degli occhi, scritto da un medico inglese di Bombay. E qui parte un racconto nel racconto.
Un ragazzino di povera famiglia viene affascinato da un prestigiatore e fugge con lui, ma presto si stufa dei trucchi e cerca una vera chiaroveggenza nell’insegnamento di famosi yogi. Dopo anni di umile pratica, fatto il giuramento di non rivelare le pratiche agli impuri, diviene in grado di vedere senza usare gli occhi. Negli anni in cui Dahl scrisse la novella era famoso Kuda Bux, un mistico pakistano che camminava sulle braci ardenti e vedeva bendato. Imhrat morirà nel suo letto dopo aver fatto queste rivelazioni al medico, ma Henry Sugar ne rimane impressionato, pensa «potrei vincere in tutti i giochi, a poker, alla roulette…». E decide di cimentarsi nell’apprendimento, seguendo le istruzioni dello scritto. Anni di apprendistato, poi scopre di saper leggere le carte guardandole rovesciate ed inizia a vincere somme enormi. Dahl ora ci prende un poco in giro. Anche Henry Sugar ora dovrebbe morire, ha usato i poteri degli yogi per trarre profitto personale. Ma, scrive sorridendo Dahl: «Siccome è una storia vera, deve avere un finale vero. Ecco cosa accadde». La disciplina a cui Henry si era assoggettato lo aveva cambiato. Si era accorto che nulla dà gioia quando se ne può avere a volontà, neanche i soldi. E dedica la sua vita ad investire le sue vincite in orfanotrofi. Ne lascerà oltre venti alla sua morte naturale. Dahl conclude: «È una storia vera, ma la famiglia di Henry è molto nota. Lo chiamerò semplicemente Henry Sugar».