Dalla dicotomia tra un’arte libera, fuori dagli schemi, segno incisivo ma transitorio del contemporaneo, e un’arte da codificare, da inquadrare in nuovi tracciati, critici, da storicizzare e da ‘commerciare’, nasce la mostra Banksy. Painting Walls all’M9 – Museo del ‘900, che pone un ponte tra l’opera dell’artista realizzata a Venezia e tre straordinari ‘muri’ staccati e ora in mostra realizzati da Banksy nel 2009, 2010 e 2018, a Londra, nel Devon e nel Galles, diventati opere, ora in collezioni private, solo perché hanno rischiato di scomparire come avrebbe voluto (forse) lo stesso autore.
M9 si pone così ancora una volta come osservatore privilegiato del nostro tempo, per sollevare quesiti, confrontare opinioni, alimentare discussioni e riflessioni per una nuova e allargata idea di contemporaneo. Banksy ha riscritto le regole di quella particolare espressione umana che chiamiamo arte. Sono passati cinque anni da quando ha fatto irruzione a Venezia, nel momento in cui il suo Migrant Child è apparso sul muro di un edificio tra Campo San Pantalon e Campo Santa Margherita. Quel muro si trova lungo il canale, con l’acqua che tocca e lava la sua superficie ogni giorno, facendolo dissolvere proprio come l’opera o la realtà ritratta. La mostra, che si aprirà all’M9 di Mestre il 23 febbraio, si basa dunque sull’incursione artistica di Banksy a Venezia per cercare di decodificare l’arte pubblica come qualcosa di necessario e diverso.
Durante l’apertura della mostra saranno organizzati incontri e tour in bicicletta da Venezia a Mestre per percepire ‘sulle proprie gambe’ il rapporto tra le due città, che è il punto focale del piano d’azione della nuova direttrice dell’M9 Serena Bertolucci.
