La lucha continúa

Rafael Palacio e Sankofa Danzafro: debutto italiano alla 18. Biennale Danza
di Chiara Sciascia

Guidata dalla carismatica figura di Rafael Palacio, allievo di Germaine Acogny e Irene Tassembedo, la compagnia afro-colombiana Sankofa Danzafro, per la prima volta in Italia, fa il suo debutto alla 18. Biennale Danza con “Behind the South: Dances for Manuel”, una creazione-omaggio allo scrittore colombiano Manuel Zapata Olivella (1920 – 2004) che si rifà alla sua opera più straordinaria, “Changó, el gran putas”, epico romanzo del 1983.

Lo spettacolo riprende la struttura in cinque atti del romanzo e racconta in un susseguirsi di nascite miracolose, ribellioni e presagi; un tentativo di mantenere vivo il legame con la propria terra durante la dolorosa diaspora africana nelle Americhe. Pensando a Medellín, non è la danza la prima cosa che viene alla mente. Proprio il difficile contesto sociale e politico della città e più in generale dell’intera Colombia ha spinto il maestro Rafael Palacio a forgiare una compagnia di danza contemporanea in grado di portare sotto i riflettori la discriminazione subita dagli afro-colombiani nel Paese, offrendo creazioni pubbliche che invitano, anzi richiedono, una profonda riflessione su equità e giustizia. La compagnia è impegnata su tutto il territorio nazionale con una serie di progetti a beneficio delle popolazioni afro-colombiane, tra laboratori di danza urbana giovanile ed altre iniziative ancora che mirano a fare della danza un mezzo di mobilitazione collettiva per perseguire il cambiamento sociale.
Sankofa giustappone dunque un’estetica potentissima ad un deciso approccio politico in una nuova forma di lotta artistica contro il razzismo e la disuguaglianza. Una danza carica di ritmo, trascinante, variopinta, ma soprattutto grondante di senso e di vita.

Nel sito della Compagnia si legge che Sankofa significa “tornare alla radice” e riflette una filosofia africana che invita a conoscere il passato per comprendere il presente e immaginare il futuro. Come si traduce questo nelle vostre coreografie e nei vostri progetti? Perché il vostro motto è “Bailamos, más que para ser vistos, ¡para ser escuchados!”?
Significa fare affidamento sulle conoscenze che le generazioni passate ci hanno tramandato per poter accedere alla nostra storia, a quei contesti politici e spirituali in cui si sono consumate tutte quelle lotte per l’esistenza e la resistenza che i nostri avi hanno dovuto affrontare. Questo ci permette di capire le vere ragioni che sottendono alle condizioni in cui ci troviamo a vivere, che ben restituiscono al contempo quali oppressioni ancora ci limitano e quali battaglie abbiamo vinto per poter progettare un futuro migliore per le nostre comunità, ma anche più estesamente per il mondo tutto che ci circonda.
“Bailar para ser escuchados” significa avere il diritto di esprimere una voce autonoma che può, usando la danza, pretendere giustizia cognitiva ed equità sociale. Pretendiamo un ascolto che vada al di là delle forme e che possa superare gli stereotipi di esotismo ed erotismo imposti ai corpi di persone nere feticizzati come tali quando danzano. In questo modo la narrazione del corpo, il corpo che scrive quella danza, è letta ed ascoltata senza traduzione ma con un proprio discorso politico che pretende giustizia e compensazione.

Behind the South, Sankofa Danzafro, ph. Marcela Gomez, courtesy La Biennale di Venezia

Behind the South: Dances for Manuel rende omaggio a Manuel Zapata Olivella e alla sua opera più celebre, Changó, el gran putas, per la cui definizione l’autore coniò il termine “Realismo Mitico”. Come si inserisce quest’opera nel vostro percorso, e quale la genesi e lo sviluppo dello spettacolo?
Per noi trarre ispirazione dalla cultura afrocentrica è essenziale, ci permette di celebrare e onorare le nostre radici e la nostra identità. Per festeggiare la nascita di Manuel Zapata Olivella abbiamo deciso di creare uno spettacolo di danza ispirato dai suoi scritti, che svelano l’origine della diaspora africana nelle Americhe e il processo di emancipazione aiutato dagli Orisha. Questo spettacolo incarna il coraggio del Muntu e ci ricorda che perseguire l’unità e il benessere collettivo sono la vera strada da percorrere per evolvere in positivo le nostre esistenze.
L’ispirazione per il nostro lavoro nasce principalmente dallo studio approfondito del libro di Zapata Olivella, ma anche dalla vita personale di ciascuno degli artisti della nostra compagnia. Abbiamo esplorato come l’epica delle storie di Manuel risuonasse nelle esperienze nostre personali, familiari, comunitarie, e abbiamo cercato modi individuali e collettivi per interpretare queste storie sul palco.

Pretendiamo un ascolto che vada al di là delle forme e che possa superare gli stereotipi di esotismo ed erotismo imposti ai corpi di persone nere feticizzati come tali quando danzano

Cos’è la traccia vitale del “Muntu” su cui Behind the South ci invita a riflettere? Può spiegare meglio questo concetto al pubblico italiano?
Stando alla maledizione di Changó, il Muntu arriverà all’emancipazione e alla libertà solo tramite uno sforzo collettivo e a strategie comuni per combattere l’oppressione. Sottolinea l’importanza per un individuo di considerare di vitale importanza non solo il proprio benessere, ma anche quello degli altri; una giusta incarnazione dello spirito del Muntu. Questa filosofia dal Sud del mondo offre un messaggio cruciale a tutti noi, chiedendoci di fare nostro un senso di umanità che sembra svanire sempre più repentinamente di giorno in giorno. Un principio profondo che merita attenzione e comprensione globali: ci esorta a unirci e a nutrire un mondo dove il benessere e la liberazione comuni siano al primo posto.

Behind the South, Sankofa Danzafro, ph. Marcela Gomez, courtesy La Biennale di Venezia

Lei è stato allievo di Germaine Acogny, grande artista che abbiamo avuto il piacere di intervistare quando le venne assegnato il Leone d’Oro alla Carriera dalla Biennale Danza nel 2021. Quanto hanno influito i suoi insegnamenti nel suo percorso artistico?
Mama Germaine è stata la figura centrale che mi ha fatto avvicinare alla danza afrocontemporanea. L’ho conosciuta a Bogotá e mi ha ispirato così tanto che l’ho seguita fino a Tolosa per seguire il suo laboratorio estivo. Da lì, lei mi ha mandato da Irene Tassembedo, che è diventata la mia principale maestra. Queste due straordinarie donne mi hanno insegnato non solo la danza in sé, ma anche la profonda filosofia che soggiace alla danza africana, sia tradizionale che moderna. Questa formazione mi ha permesso di tornare in Colombia e di sviluppare la mia interpretazione personale di danza ispirata dall’Africa.
Con Mama Germaine come fonte primaria di ispirazione spero di mostrare al pubblico la varietà e la dignità insite nella danza della diaspora africana. Questa è solo una delle ricche epistemologie originarie dell’Africa che arricchiscono la nostra comprensione globale offrendo un punto di vista unico e profondo sulla danza e sull’identità culturale.

Per noi trarre ispirazione dalla cultura afrocentrica è essenziale, ci permette di celebrare e onorare le nostre radici e la nostra identità

La ciudad de los otros, La mentira complaciente, Fecha límite, fino a quest’ultima vostra opera ora presentata alla Biennale. I vostri lavori sono connotati e attraversati da tematiche di bruciante attualità, tra cui discriminazioni etniche, diseguaglianze sociali, razzismo, decolonialismo, diaspora, resistenza della cultura afrodiscendente… Con quale contesto sociale vi confrontate a Medellín e quali sono gli obiettivi che la Compagnia persegue, anche attraverso processi comunitari come SankofaMiUniversidad?
Per noi la danza – forma d’arte cui dedichiamo tutti noi stessi – riflette inevitabilmente le sfide specifiche che affrontiamo in quanto individui ascritti a una razza qui a Medellín e più estesamente in tutta la Colombia. In questi luoghi essere parte di una minoranza implica una continua lotta per accedere a spazi che spesso ci sono negati, patendo le conseguenze derivanti da una scarsa rappresentazione politica a livello statale e legale. Da qui l’importanza di essere sentiti e vissuti attraverso le forme di danza che abbiamo ereditato e che dinamicamente conserviamo. Tramite la danza ci facciamo agente di trasformazione sociale, pretendendo i cambiamenti necessari che ci permetteranno di avere gli stessi diritti e le stesse opportunità di tutti al fine di perseguire uno sviluppo culturale e sociale che coincida con la nostra prospettiva.
SankofaMiUniversidad è un’iniziativa di istruzione nata dalla necessità di onorare ed elevare la nostra conoscenza dandole la collocazione che merita nella società e nel mondo accademico. Serve a ricordare che non siamo solo oggetti di studio, ma soggetti attivi di conoscenza e di diritto. Il nostro continuo impegnarci nei territori con le comunità che rappresentiamo assicura che l’idea e l’essenza di Sankofa non siano solo conservati, ma anche quotidianamente arricchiti di significato e di influenza attraverso le nostre attività artistiche, il che ci aiuta a mantenere vivo e ad ampliare incessantemente il nostro bagaglio culturale.

 

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