Riveduti e scorretti

A Sexto una rassegna raffinata
di F.D.S.

Artisti nuovi, artisti consolidati e reunion di vecchi leoni degli anni ’90 in un mix davvero entusiasmante. Sexto ‘Nplugged non si smentisce mai.

Alla sua 17esima edizione, Sexto ‘Nplugged, il festival di musica di Sesto al Reghena fondato dall’Associazione culturale Sexto, conferma anche quest’anno la sua natura di rassegna raffinata, estremamente accurata nella selezione di programmi non convenzionali e mai banali. Una parte del fascino di questo festival è senza dubbio rappresentato dal luogo che ospita i concerti, la corte dell’abbazia di Santa Maria in Silvis, fondata 13 secoli fa dai figli del duca longobardo Pietro del Friuli e ricostruita dopo la distruzione da parte degli Ungari nelle forme di una cittadella fortificata da fossati e torri.

Anche quest’anno il programma dei concerti proposti appare quanto mai interessante e sfizioso, mettendo insieme artisti nuovi, artisti consolidati e reunion di vecchi leoni degli anni ’90 in un mix davvero entusiasmante per la qualità dei progetti musicali ed anche per la capacità di lettura dei grandi temi che oggi stanno attraversando il sistema della cosiddetta ‘musica rock’. Dopo l’antipasto oscuro, liricamente disturbante di fine giugno della grande Cat Power, il festival riparte a fine mese con una febbrile quattro giorni davvero da non lasciarsi in alcun modo scappare. Primo atto il 28 luglio con l’unica data italiana di Rival Consoles, nome d’arte di Ryan Lee West, musicista elettronico autore di una musica sospesa tra dimensione fisica e mentale, cui seguirà il 29 il concerto di Agnes Obel, musicista danese trapiantata a Berlino, cantautrice tra le più talentuose di questi ultimi dieci anni ed autrice di una musica che unisce intimismo minimalista e vibrazione emozionale. Il 30 luglio sarà la volta di quello che per me, spelacchiato suiveur delle arene da concerto rock, rappresenta senza se e senza ma il piatto forte della rassegna 2022: la performance degli Arab Strap, indimenticata folgore scozzese che a metà degli anni Novanta per un decennio attraversò il cielo del rock proponendo un modello che avrebbe fatto scuola anche in Italia (che cos’è stato Socialismo tascabile degli Offlaga Disco Pax se non una bellissima reinvenzione italiana del ‘recitar cantando’ degli Arab Strap?). Su basi minimaliste di chitarra e samples elettronici la voce di Aidan Moffat, con la sua tremenda inflessione di scozzese della provincia, in una manciata di dischi memorabili affrontò un unico grande tema: l’amore per la miseria umana, da cui derivavano a grappoli autocommiserazione, culto del ricordo di amori infranti, tentativi di auto-distruzione in weekend di tre giorni di sbornie.

Ma il concerto non sarà solo l’autocelebrazione di vecchie glorie imbolsite trent’anni dopo. L’anno scorso, infatti, gli Arab Strap hanno pure pubblicato un nuovo album, As Days Get Dark, davvero bello e per niente concentrato a celebrare i fasti del passato. Chiusura il 31 con i Black Midi, autori di una musica che torce la matrice post punk in un incubo sonoro che solo il brutalismo di John Zorn e i suoi Naked City riuscì a superare.

Sexto 'Nplugged
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