Tra i più influenti registi e drammaturghi iraniani contemporanei, Amir Reza Koohestani in “Blind Runner”, in scena per Biennale Teatro, utilizza lo strumento del video per moltiplicare le possibilità della narrazione, dai corpi sul palco ai volti filmati.
Nato a Shiraz, in Iran, nel 1978, Amir Reza Koohestani è annoverato tra i più influenti registi e drammaturghi iraniani contemporanei. Dopo gli studi a Manchester torna a Teheran, dove i suoi lavori lo consacrano capofila di un movimento di rinascita del teatro nel suo Paese. Dopo una breve esperienza come performer, si dedica alla scrittura di testi teatrali per il Mehr Theatre Group a Teheran, tra cui The Murmuring Tales (2000), pluripremiato e acclamato dalla critica. A soli 23 anni scrive e mette in scena Dance On Glasses, che lo porta alla ribalta internazionale attirando l’attenzione di numerosi direttori artistici e festival teatrali europei. Seguono le opere teatrali Recent Experiences, dal testo originale degli scrittori canadesi Nadia Ross e Jacob Wren (2003); Amid the Clouds (2005); Dry Blood and Fresh Vegetables (2007); Quartet: A Journey North (2008); Where Were You on January 8th? (2009); Ivanov (2011); The Fourth Wall, dalla commedia originale England di Tim Crouch, 2012, presentato cento volte in una galleria d’arte a Teheran. Nel 2012 il film Modest Reception, con scenografia a quattro mani assieme a Mani Haghighi, vince il NETPAC Award al Festival di Berlino. Con il suo stile poetico, Koohestani esplora nei testi la vita quotidiana di personaggi imprigionati nella confusione della propria realtà, osservandoli attraverso la lente del simbolismo critico. Dopo la pandemia, che sospende i tour della compagnia per due anni, il regista iraniano nel 2023 dà alla luce Blind Runner, che fa il suo folgorante debutto al Kunstenfestivaldesarts di Bruxelles e ritroviamo in scena per Biennale Teatro il 20 e 21 giugno. Liberamente ispirato e profondamente dedicato alla vicenda della giornalista Niloofar Hamedi, la prima a denunciare il pestaggio che causò la morte di Mahsa Amini, Blind Runner intreccia vicenda politica e privata e corre come i suoi personaggi tra video e palcoscenico, in sessanta minuti di racconto mozzafiato. Una donna, prigioniera politica in Iran, convince il marito ad aiutare una ragazza rimasta cieca durante una manifestazione ad allenarsi per correre la maratona di Parigi. Gli allenamenti avvicinano a tal punto i due runner che, portata a termine la corsa, balena in loro l’idea di fuggire dal Paese e raggiungere l’Inghilterra attraversando il tunnel sotto la Manica. Una missione quasi impossibile, da compiere nelle sole cinque ore tra il passaggio dell’ultimo treno della sera e il primo del mattino. Una corsa cieca, sfrenata, dai confini claustrofobici della prigione verso l’ignoto: passo dopo passo, emerge la visione poetica della fatica, della cura reciproca, della libertà verso cui ci lanciamo senza sapere cosa incontreremo.