Spaziale: ognuno appartiene a tutti gli altri è il titolo scelto dal collettivo Fosbury Architecture per il Padiglione Italia alla Biennale di Architettura 2023. Giacomo Ardesio, Alessandro Bonizzoni, Nicola Campri, Veronica Caprino e Claudia Mainardi compongono dal 2013 il collettivo Fosbury Architecture, all’incrocio tra un’agenzia creativa e una pratica spaziale.
Fare qualsiasi cosa con stile è la promessa e il consapevole destino di chi decide di riferirsi nella propria attività al carattere rivoluzionario del flop di Dick Fosbury.
In questo senso il collettivo di ricerca e progettazione, all’incrocio tra un’agenzia creativa e una pratica spaziale, fondato a Milano nel 2013, Fosbury Architecture*, ha espresso la sua identità nell’affrontare ostacoli in maniera non convenzionale, arrivando con un percorso intenso e coerente fino alla curatela del Padiglione Italia della Biennale Architettura 2023.
A partire dalla prima fanzine sul menu del kebab durante gli studi al Politecnico, con la quale si fecero conoscere, la voglia di partecipare al dibattito culturale del proprio tempo esplorando nuovi modi di fare architettura è un’intenzione evidente dell’attività del collettivo in questi anni. Numerose Biennali nazionali e internazionali, allestimenti di mostre come Verde Prato, premiata con una menzione al TYoung Prize 2021, la pubblicazione di Incompiuto: La nascita di uno Stile (2018), premiata con una menzione d’onore del Compasso d’oro 2020, allestimenti e curatela di mostre, installazioni temporanee, insegnamento, ricerca e progetti editoriali: negli ultimi anni F.A. ha sperimentato in ambiti molto diversi, senza dare riferimenti precisi. «I nostri lavori sono molto eterogenei. Forse il filo conduttore tra tutti i lavori sono le ricerche con cui costruiamo le varie narrazioni, che spesso rimangono invisibili ma che potrebbero benissimo essere progetti a sé stanti, sempre a fronte di un’attenta analisi del contesto e dei suoi limiti».
Un esempio di questa attitudine è Environment of Resistance, un lavoro interdisciplinare proposto nel 2018 alla Triennale di Milano, con una grande installazione chiamata Rocco (come i rocchi delle colonne antiche) e la costruzione di un archivio analogico. L’indagine iconografica si è poi trasformata in una pagina Instagram che mostra la loro catalogazione di spazi domestici inusuali, con casi studio che vanno da Giorgio Vasari a Verner Panton.
Per Fosbury Architecture le parole contano. Sono i titoli che sem- brano segnare il metodo di lavoro. A partire dal riferirsi allo stile di Fosbury, dal definirsi collettivo, dai titoli delle esibizioni monografiche come Characters, alla più celebre pubblicazione Incompiuto. Characters, la prima loro mostra monografica a Vienna, presso il Magazin – Exhibition Space for Contemporary Architecture, racconta una ricerca che mette in discussione l’assunto che la casa sia diventata o un dormitorio da arredare a malapena con pezzi economici o, al contrario, un “museo del sé” attrezzato per essere trasmesso sui canali social. In questa prospettiva, l’installazione è stata concepita come un interno in scala 1:1, un ambiente immersivo composto da una serie di volumi che interpretano le abitudini dome- stiche più convenzionali: dormire, riunirsi, rilassarsi, ecc.
«Abbiamo trasformato la galleria in un interno monomaterico rivestito di pelliccia, simbolo di domesticità e comfort al limite del lusso, che nel nostro caso parla di un processo laicamente sostenibile. Il materiale è stato utilizzato da Prada per la sfilata FW 2021 e recuperato da Spazio META – nostro partner su molti progetti – che ce lo ha fornito con la promessa da parte nostra di cederlo per successivi usi in fase di disallestimento» racconta Fosbury Architecture.
Nel loro agire esiste certamente una visione sociale dell’architettura. «In passato la carriera dell’architetto consisteva nella costruzione, nel fare concorsi e potenzialmente nell’insegnamento. Oggi noi proviamo a esplorare le vie laterali della pratica e a capire in che modo si interseca con i diversi ambiti della cultura e dell’educazione – riferisce F.A. – Sebbene il ventaglio sia ampio metodologicamente l’approccio è sempre lo stesso: sfruttare ogni occasione – che sia commerciale o indipendente – per osservare criticamente il contesto, produrre ricerca e generare contenuti che informino il prodotto finale».
Si definiscono non uno studio ma un luogo di incontro collettivo, uno spazio in cui ripensare la città, un luogo di dialogo, non necessa- riamente di produzione, esplorando nuovi modi di fare architettura ispirati a quelli militanti degli anni Settanta, pur consapevoli che quella radicalità si è persa, ma quel tipo di dimensione etica è un riferimento per sfidare l’ordine costituito.
Noi proviamo a esplorare le vie laterali della pratica e a capire in che modo si interseca con i diversi ambiti della cultura e dell’educazione
F.A. spiega anche il momento di mutazione che vive il mondo dell’architettura nell’età dei social network. «In questo momento sta avvenendo una transizione dalla rappresentazione alla comunicazione, dalle tavole stampate a Instagram. Agli inizi della nostra attività utilizzavamo molto il disegno tecnico, cosiddetto “a fil di ferro”, creando scenari anche molto complessi. Ma questi non stanno bene sui social, non si possono zoomare o scrollare. Quindi, come molti architetti in tutto il mondo dobbiamo cambiare il modo di raccontare e diffondere i nostri progetti».
Il progetto che forse meglio rappresenta F.A. riguarda Incompiuto Summer School in occasione di Manifesta 12 Palermo, Biennale nomade europea di arte e cultura contemporanea 2018. «Un progetto di ricerca al quale siamo estremamente legati è quello sulle opere pubbliche incompiute italiane. Su invito di Alterazioni Video abbiamo collaborato alla prima mappatura completa di questi edifici, quasi 700, che sparsi su tutto il territorio italiano producono un’inedita geografia del Bel Paese. Oltre a censire le opere, negli anni abbiamo avuto l’opportunità di attivare una serie di workshop che puntavano a ribaltare lo sguardo su quelli che classicamente vengono definiti ‘Ecomostri’, di leggerli come opportunità: come lo spazio pubblico che già sono» precisa Fosbury Architecture.
Degno di nota il progetto Urban Center, ancora una volta incentrato sul senso delle parole per la mostra Osservatorio Prato 2050 al Centro Pecci per l’arte contemporanea nel 2021. «Il Comune di Prato e il Centro Pecci, uno dei pochi musei pubblici di arte contemporanea in Italia, hanno chiesto di intervenire su una porzione del piano terra del Museo per realizzare l’Urban Center e due aule didattiche. D’accordo con tutti gli attori coinvolti abbiamo deciso di sfruttare il progetto come occasione per riflettere sul senso di uno “Urban Center”, di che ruolo debba e possa svolgere e di come coinvolgere la cittadinanza. Il prodotto finale non è la classica sala per conferenza ma una macchina scenica con dotazioni che le permettono grande flessibilità d’uso e allestimento» racconta Fosbury Architecture.
E a proposito di parole, pienamente in linea con lo stile Fosbury, Spaziale – Ognuno appartiene a tutti gli altri sarà il titolo del Padiglione Italia alla 18. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia nel 2023. Il progetto si articolerà in due momenti, il primo propedeutico al secondo: Spaziale presenta, che da gennaio ad aprile 2023, nel periodo che precede l’apertura della Biennale, vedrà l’attivazione di nove interventi site-specific in altrettanti luoghi selezionati in tutto il territorio italiano. Il secondo, Spaziale – Ognuno appartiene a tutti gli altri, all’interno del Padiglione Italia all’Arsenale dal 20 maggio al 26 novembre, sarà la sintesi formale e teorica dei processi innescati nei nove territori nei mesi precedenti, restituendo una diversa e originale immagine dell’architettura italiana nel contesto internazionale. Un sito web e un account Instagram racconteranno il work in progress di Spaziale presenta e l’attivazione dei nove interventi. Nella sua ampiezza, il progetto si fonda sulla visione di F.A. che l’Architettura sia una pratica di ricerca al di là della costruzione di manufatti e la Progettazione sia sempre il risultato di un lavoro collettivo e collaborativo, che supera l’idea dell’architetto-autore. Lo “spazio” è inteso, in questa visione, come luogo fisico e simbolico, area geografica e dimensione astratta, sistema di riferimenti conosciuti e territorio delle possibilità.
Quanti confidavano nel collettivo F.A. per un cambio di passo nella storia del Padiglione Italia alla Mostra Internazionale di Architettura probabilmente non resteranno delusi dai primi dettagli resi noti sul progetto, che esprimono una visione dell’architettura spesso trascurata, una visione sociale, radicale, rivoluzionaria. Come un Fosbury flop, appunto.
*Fosbury Architecture (F.A.): Giacomo Ardesio (1987), Alessandro Bonizzoni (1988), Nicola Campri (1989), Claudia Mainardi (1987) e Veronica Caprino (1988)
Fosbury Architecture porta nel Padiglione Italia nuove generazioni di progettisti