Gli aggettivi che lo descrivono sono già stati usati tutti, istrionico, versatile, irrefrenabile, tuttavia questa volta voglio usarne solo uno: veneziano. Mattia Berto vive e lavora per la città, rinnovandone quotidianamente l’intreccio e la trama, esaltandone la teatralità relazionale e la costante capacità di essere palcoscenico.
Parlare con Mattia Berto durante un’intervista assume presto i tratti di una conversazione tra amici di lunga data, continuamente interrotta da persone che salutano, si fermano, raccontando qualche cosa o semplicemente ascoltando. Stare in sua compagnia significa sempre “fare teatro”. La sua energia creativa è contagiosa, generosamente elargita in maniera indistinta sia per creare nuovi progetti, importanti collaborazioni con grandi istituzioni, che per aiutare un bambino, un amico o semplicemente un passante. Il suo essere attore, regista, direttore artistico e formatore teatrale non lo allontana mai dall’essere semplicemente Mattia, sempre disponibile e curioso verso la vita della quale è follemente innamorato.
La sua “ossessione” per il teatro, supportata dalla Laurea in tecniche artistiche e dello spettacolo presso l’Università Ca’ Foscari, dalla formazione sul campo al fianco di maestri di fama internazionale, dalla direzione artistica di teatri, come quello dei ragazzi al Teatro Dario Fo di Camponogara, o ancora dalla decennale collaborazione con il Teatrino Groggia a Venezia – un’esperienza di rigenerazione urbana unica nel suo genere –, non l’ha mai allontanato dal pubblico, dalla comunità, fino a portarlo a teorizzare e a realizzare il suo Teatro di Cittadinanza. Un motore che è diventato un movimento e che negli anni ha creato sinergie virtuose con il Teatro Stabile del Veneto in primis, ma più estesamente con tutte le più importanti istituzioni cittadine e del territorio. Il suo teatro è inclusione totale e condivisione, a cui tutti siamo invitati a partecipare.
La tua personale definizione di teatro. E più nello specifico di Teatro di Cittadinanza.
Il teatro per me è gioco, magia, sperimentazione, ingegno, relazione, incontro e vita. Il Teatro di Cittadinanza è una magnifica avventura di teatro di comunità che crea ponti, abbatte muri, aiuta a sentirsi meno soli e costruisce una consapevolezza viva e comunitaria attorno ai luoghi che amiamo e viviamo. La sua forza risiede nell’usare il teatro come mezzo per raccontare le città e chi le vive, creando connessioni tra le generazioni e i luoghi, scavando nella vita e nelle storie.
Il teatro per me è gioco, magia, sperimentazione, ingegno, relazione, incontro e vita. Il Teatro di Cittadinanza è una magnifica avventura di teatro di comunità che crea ponti, abbatte muri, aiuta a sentirsi meno soli
C’è uno spettacolo a cui sei legato particolarmente, che hai visto e che consideri memorabile, che ha influito anche soltanto sottotraccia sul tuo modo di fare teatro?
Se chiudo gli occhi rivedo ancora lo sguardo di Peter Brook che incontrai a teatro a Parigi tanti anni fa. In quello sguardo ho visto allo stesso tempo un bambino e un vecchio saggio, un uomo e un vero Maestro. Affido quindi il mio agire di oggi all’incontro con i Maestri e sono tanti quelli che ho avuto la possibilità di incontrare. L’incontro forse più significativo, che mi ha spinto a far diventare la mia capacità teatral-relazionale una forza creativa, artistica e politica, è quello con Maurizio Scaparro. Incredibile creatore di ponti, instancabile uomo di relazioni, gran signore della scena e della vita. Amante di Venezia e inventore dei magnifici carnevali degli anni Ottanta. È grazie a lui e alle nostre riunioni su treni, taxi, hotel e palcoscenici che ho costruito nel tempo una mia personale visione che mi accompagna e che caratterizza il mio impegno e il mio lavoro a tutt’oggi.
Una fucina di progetti che aggregano e coinvolgono diverse fasce della società, sia in termini di età che di condizione sociale e culturale. Prima di entrare nei singoli progetti, quali elementi progressivamente compongono la tua ricerca artistica condotta sugli ecosistemi sociali del nostro contemporaneo? E in particolare come sta la nostra città? Quali le tracce per un nuovo futuro?
Il Teatro di Cittadinanza nasce non a caso a Venezia, una città dall’equilibrio fragile; una città in trasformazione. Lavoro con chi ama questa città e ha scelto di continuare a viverla. Persone, di tutti i tipi e di tutti i mondi, persuase che fare insieme sia più forte che fare da soli. Venezia è una signora bellissima che ha ancora la capacità di sedurre e di restare palcoscenico della quotidianità e del futuro. Molti dicono che il mio Teatro di Cittadinanza sia uno spiraglio di speranza per una città che sta morendo. Io credo che Venezia non sia morta e spero che quello che facciamo possa essere uno dei tanti tasselli di un progetto più ampio che ci vede tutti insieme uniti per costruire un altro domani. È un momento complesso non solo per la nostra città, ma per il mondo intero. Sono tempi di guerra, di paura, di violenza, di mancanza di una coscienza civica e sociale e la strada che il nostro teatro traccia per un nuovo futuro è quella di tornare alle persone, alla cura dell’altro e ad un disegno condiviso.
Tanti i temi attuali che affronti in forma di drammaturgia. Partiamo dalla terza edizione del progetto che coinvolge i bambini di Venezia: l’Asilo della Laguna, nell’ambito di SEA BEYOND, il programma di sensibilizzazione alla sostenibilità e alla preservazione dell’Oceano, che vede il coinvolgimento del Gruppo Prada e UNESCO-COI, con il sostegno della Città di Venezia. Fulcro di questa nuova edizione proprio il workshop Oceano delle Meraviglie, ideato da te e da parte del Teatro di Cittadinanza. Come si connota questo nuovo progetto performativo e formativo?
Sono onorato di prendere parte a un progetto così importante e ambizioso come questo. Tutto è nato grazie a una connessione creata dalla mia cara amica Sara Lazzaro, che già è testimonial di questo progetto. Saranno tre i laboratori che dedicheremo ai bambini veneziani della scuola dell’infanzia di Sant’Elena, alle loro famiglie e alla comunità tutta al fine di costruire una consapevolezza attiva sui temi dell’ecosostenibilità degli oceani, dei mari, ma soprattutto della nostra fragile Laguna da difendere. Il nostro teatro ha a cuore da sempre un lavoro con le generazioni dei più piccoli, convinti che in essi ci siano le risposte e le prospettive del domani.
Dopo il successo delle edizioni precedenti, il tuo nuovo laboratorio di Teatro di Cittadinanza ideato per il Teatro Stabile del Veneto si interroga sul futuro. Vecchi e giovani il titolo del progetto, ispirato all’omonima opera di Luigi Pirandello. Al centro della scena questa volta una riflessione sul tema del tempo, dell’età, dello sguardo verso il domani. Quali le linee guida che svilupperai in questo percorso? E quali esiti ti aspetti di raggiungere?
Il nuovo progetto del Teatro di Cittadinanza, realizzato in sinergia con il Teatro Stabile del Veneto Carlo Goldoni, vede il coinvolgimento di 63 cittadini tra i 18 e i 70 anni che comunemente si stanno interrogando sul loro sguardo sulla vita. La prima performance di questo nuovo e importante progetto dal titolo Con lo sguardo dei bambini. Atto poetico transgenerazionale avrà luogo domenica 15 dicembre 2024 presso l’Istituto Cavanis di Venezia e vedrà il coinvolgimento attivo di una terza elementare della scuola primaria dello stesso istituto. Sono convinto che i bambini con i loro occhi abbiano la capacità di guardare in maniera libera e visionaria al presente e al futuro: proprio per questo ho chiesto ai grandi di tornare bambini e ai bambini di mettersi nei panni dei grandi. Sarà una riflessione condivisa, poetica e transgenerazionale ad accompagnarci in questa prima mappatura del nuovo progetto. La forte convinzione della necessità di costruire presidi di comunità in città ci ha portato a pensare che le performance di questa nuova edizione dovranno svolgersi tutte in istituti scolastici. Mi piace pensare a una possibile scuola di cittadinanza per tutte le città, le comunità e le generazioni.
Venezia è la città del futuro, una città della relazione, dell’incontro naturalmente sostenibile. Città-palcoscenico dove tutto si fa concreto attraverso la bellezza
Una delle peculiarità del tuo lavoro è anche l’essere fisicamente sul territorio, pensando ad un teatro “fuori scena”, di contaminazione con il reale, coinvolgendo con progetti attivi luoghi significativi ed emblematici della città: dal carcere alle botteghe, passando per le scuole e l’università. In una città che potenzialmente è tutta un teatro, quali prospettive si possono accendere con questo processo di produzione sempre più inclusivo?
Questa città è un’unica, grande casa con tanti corridoi. Partendo da questa visione mi viene naturale affermare, allora, che Venezia è la città del futuro, una città della relazione, dell’incontro naturalmente sostenibile. Città-palcoscenico dove tutto si fa concreto attraverso la bellezza. Il mio teatro in tutti i luoghi è un motore di narrazione della città passata e presente che coinvolge tutti, ma anche un manifesto per la comunità. Credo nell’utopia e forse in una possibile follia concreta che un pensiero inclusivo, culturale, teatrale, coinvolgente e umano possa rappresentare la migliore medicina per la nostra città.