Venite adoremus

Sulle tracce dei Magi a Venezia
di Camillo Tonini

Fuori dal suo contesto originario, un gruppo scultoreo campeggia nel mezzo del prezioso spazio della Pinacoteca Manfrediana del Museo diocesano alla Salute: tre statue, databili alla seconda metà del XIII secolo, compongono il gruppo dell’Adorazione dei Magi. Questa la loro affascinante storia.

Tempo di Natale. D’obbligo a Venezia il tradizionale percorso d’arte per visitare tre famose tele cinquecentesche che celebrano la Natività. Nella Chiesa della Madonna del Carmine la pala di Giovanni Battista Cima, dove con i colori del Veneto il paesaggio di Betlemme è quello che il pittore poteva vedere dalla sua Conegliano; del bresciano Savoldo nella cappella Contarini della Chiesa di San Giobbe la compassata rappresentazione del sacro gruppo familiare osservato da un trasognato pastore attraverso una finestrella di una capanna in rovina; il sapiente gioco di colori e di quinte prospettiche ospita l’affollata composizione di figure nella Natività di Paolo Veronese collocata nella cappella del Rosario ai SS. Giovanni e Paolo. Fuori dal suo contesto originario, meno noto e di epoca molto antecedente, campeggia il gruppo scultoreo esposto nel mezzo del prezioso spazio della Pinacoteca Manfrediana del Museo diocesano alla Salute. Le tre statue che compongono il gruppo dell’Adorazione dei Magi, scolpite in pietra d’Aurisina e databili alla metà del XIII secolo con l’attribuzione al Maestro dei Mesi di Ferrara, sono disposte nell’attuale allestimento lungo una linea semicircolare; al centro, coronata in trono, la Madonna che tiene sulle ginocchia trattenuto dal braccio sinistro il Bambinello benedicente. Le è accanto san Giuseppe che si sostiene appoggiato ad un bastone, affaticato dal viaggio e ancora incredulo per le nuove inattese responsabilità di padre. Inusuali per la tradizione iconografica del padre putativo sono l’elegante copricapo con cuffietta, l’elaborato arricciamento dei capelli e della barba, il coltellaccio alla cintura e l’alto bastone, motivi per cui alcuni studiosi hanno presupposto che sia più verosimile interpretare in questa scultura la figura di un pastore. Dalla parte opposta del gruppo, la statua inginocchiata di un terzo personaggio, anch’esso coronato con una veste modellata da ampio panneggio, colto plasticamente nell’atto di porgere alla Madre di Dio un recipiente con il coperchio alzato dal quale far scorgere un prezioso omaggio. Forse oro o incenso o mirra, così come recita il passo del vangelo di Matteo.

Rio di Palazzo Ducale con sulla sinistra, la facciata della Chiesa dei Ss. Filippo e Giacomo, Forestiero illuminato intorno le cose più rare, e curiose, antiche e moderne della città di Venezia e delle isole circonvicine, Editore Albrizzi, dal 1740

«Entrati nella casa [i Magi] videro il bambino con Maria sua madre e prostratisi lo adorarono.
Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra». (Matteo 2:11)

Tre dunque i doni, che in seguito furono personificati nelle figure di tre differenti Magi pervenuti dall’Oriente e formalizzati nella tradizione iconografica al quale il gruppo scultoreo del Museo diocesano di Venezia si attiene non senza qualche intrigante licenza. Ci aiutano a chiarire le possibili motivazioni di queste incoerenze un disegno colorato datato 1754 del codice manoscritto di Giovanni Grevembroch, Monumenta Veneta ex antiquis ruderibus, straordinario repertorio di memorie veneziane conservato nella Biblioteca del Museo Correr, e una piccola stampa con l’immagine del Rio di palazzo ducale inserita nella diffusa guida del Forestiero illuminato intorno le cose più rare, e curiose, antiche e moderne della città di Venezia e delle isole circonvicine, prodotta dall’editore Albrizzi dal 1740. Vi si scopre che ancora a queste date lo stesso gruppo scultoreo in forme gotiche era posto entro una lunetta all’esterno della chiesa di Ss. Filippo e Giacomo sulla fondamenta di Sant’Apollonia. Qui lo aveva composto nel 1491 Giorgio Spavento, proto di San Marco, che in quegli anni stava realizzando la facciata di Palazzo Ducale prospiciente lo stesso rio e che aveva avuto anche l’incarico di abbellire la porta d’ingresso dell’edificio ecclesiastico di proprietà del Primicerio di San Marco, la più alta carica religiosa che sovraintendeva alla Basilica. Lo stesso Grevembroch, nel commento scritto al suo disegno, identifica il significato del gruppo come una manifestazione di devozione alla Madonna in trono «di alcun Padre Gesuato, nel Simbolo e nell’Abito apparente nella sinistra Statua».

Giovanni Grevembroch, Porta della Chiesa di Ss. Filippo e Giacomo (disegno colorato), Monumenta Veneta ex antiquis ruderibus, 1754 Biblioteca Museo Correr © MUVE

Assodata la provenienza del gruppo scultoreo cronologicamente più vicina noi, rimane da accertare da dove siano pervenute queste sculture appartenenti alla seconda metà del tredicesimo secolo e rimpiegate nella lunetta dei Ss. Filippo e Giacomo. Recenti studi, confortati da accuratissime analisi scientifiche sulla pietra d’Aurisina con le quali sono scolpite le tre statue, hanno portato a sorprendenti conclusioni in linea con la tradizione veneziana che, per le note difficoltà dell’approvvigionamento e del trasporto, privilegiava, ove possibile, il riuso dei materiali e di opere già esistenti. Per abbellire il portale dei Ss. Filippo e Giacomo, lo Spavento, infatti, aveva utilizzato alcune opere che erano state progettate per il transetto elevato tra i due pulpiti della basilica di San Marco all’epoca di Ranieri Zeno, doge dal 1253 al 1268. A decoro dell’apice era stato posto un gruppo scultoreo che sviluppava il tema iconografico della Natività e la giovinezza di Cristo, scandito in diversi episodi che cominciavano con Il sogno di Giuseppe fino alla rappresentazione di Cristo tra i dottori. Per motivi che non sono ancora noti, questa transenna, che serviva secondo l’uso bizantino a separare il presbiterio dall’area dei fedeli, venne successivamente smontata e sostituita nel 1394 con quella ancora oggi visibile, opera di Jacobello e Pierpaolo dalle Masegne, con al centro il Crocefisso e la Vergine ed ai lati le statue dei dodici apostoli. Le tre opere che vennero scelte dal proto Spavento avevano le giuste proporzioni per potere essere collocate in linea nello spazio della lunetta della chiesa dei Ss. Filippo e Giacomo, quando però, a quasi due secoli dalla loro creazione, ormai forse si era smarrito il loro originale significato. Le altre, probabilmente, già monche e in cattivo stato di conservazione, erano state accantonate da tempo negli spazi del cortile adiacente la cappella di San Teodoro, dietro la basilica.

Re Erode in trono, ca. 1230–35, Nord Italia – The Met Cloisters – The Metropolitan Museum of Art, New York © Mrs. Stephen V. Harkness Fund, 1922

Passano tre secoli e la chiesa dei Ss. Filippo e Giacomo con la soppressione della carica del Primicerio venne chiusa al culto e i suoi oggetti messi all’asta nel 1808 o reimpiegati in altri istituti religiosi. Anche il gruppo che componeva l’Adorazione dei Magi subì la stessa sorte; ricompare solo dopo qualche tempo con notizie storiche riguardanti la sua provenienza nella pubblicazione postuma dell’abate Giannantonio Moschini – La chiesa e il seminario di S.ta Maria della Salute in Venezia – dove viene descritto ed enumerato tra le opere da lui raccolte nel lapidarium diocesano, provenienti dalle soppresse istituzioni religiose veneziane.

Gruppo scultoreo (soldati, donna con bambino), Strage degli innocenti Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ D’Oro, Venezia

A partire dall’analisi isotopica del carbonio e dell’ossigeno nel materiale lapideo, solo di recente si è riusciti ad identificare altre statue scolpite nella medesima pietra e anche provenienti dalla stessa cava d’Aurisina che confermano la loro appartenenza all’originale transenna della Natività e l’Infanzia di Gesù nella basilica di San Marco, come già avanzato in ipotesi dall’analisi delle affinità stilistiche, dalle corrispondenze iconografiche e dalle congrue dimensioni e proporzioni. Oggi tali opere sono in buona parte disperse in differenti stati di conservazione e in vari luoghi oltre al già citato Museo diocesano, dove il gruppo dell’Adorazione dei Magi è stato esposto dopo accurato restauro pubblicato nel 2004. Alcune tra le più degradate sono alla Procuratoria di San Marco e nel chiostro di Sant’Apollonia e tra queste il più significativo risulta essere il gruppo con il Bagno di Gesù. Altre di straordinaria forza espressiva, che rappresentano guerrieri armati della Strage degli Innocenti, sono state in esposizione da metà Ottocento al Museo Archeologico a Palazzo Ducale e dal 1922 ricoverate nella Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro, dove al momento sono conservate in deposito. Infine, ennesimo e immancabile tributo al mercato antiquario che ha spogliato Venezia di tante sue opere d’arte, una scultura con il Re Erode in trono, oggi è esposta ai Cloisters del Metropolitan Museum of Art di New York. La ricerca e le scoperte per ora si chiudono qui, con risultati innovativi e straordinari per la storia di Venezia e della sua Basilica. A noi rimane l’occasione di raccontare in sunto questa bella storia di collaborazione tra scienza e storia dell’arte.

Si ringraziano per la collaborazione Gianmatteo Caputo, Irene Galifi dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi Patriarcato di Venezia, Silvia Marchiori del Museo Diocesano-Pinacoteca Manfrediniana, Claudia Cremonini, Anna Granzotto della Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro, il personale del Museo Correr.

 

PER SAPERNE DI PIÙ

Forestiero illuminato intorno le cose più rare, e curiose, antiche e moderne della città di Venezia e delle isole circonvicine, Venezia, dal 1740.
G. Grevembroch, Monumenta Veneta ex antiquis ruderibus, 1754 Biblioteca Museo Correr, Ms. Gradenigo Dolfin 228/3 c. 79.
G. Moschini, La chiesa e il seminario di S.ta Maria della Salute in Venezia, Venezia 1842, p. 45.
P. Paoletti, L’architettura e la scultura del Rinascimento in Venezia, Venezia 1893, II p. 118.
A. Bristot, 25. Maestro dei Mesi di Ferrara, Adorazione dei Magi, Ante 1240 in Restituzioni 2004: i tesori d’arte restaurati, Vicenza 2004, pp. 142-147.
T. Dale, Ephifany at san Marco: the scultural program of the Porta da mar in the Dugento, in La Basilica di Venezia. San Marco. Arte, storia, Conservazione, a cura di Ettore Vio, Venezia 2019, pp. 38-55.
L.V. Geymonat, L. Lazzarini, A Nativity Cycle for the choir screen of San Marco, Venice, in Convivium: excanges and interection, 7-1, 2020, p. 80-113.
L.V. Geymonat, Giorgio Spavento e la facciata di Santi Filippo e Giacomo a Venezia, in L. Cavazzini, C. Di Fabio e P. Vitolo (a cura di), Mélanges de l’Ècole française de Rome – Moyen age. 133-1, Roma, 2021, pp. 45-60.

Immagine in evidenza: Adorazione dei Magi, 1230 ca, Ignoto (Maestro dei mesi di Ferrara?) – Museo Diocesano, Pinacoteca Manfrediana
© Seminario Patriarcale, Venezia

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