Indipendente, radicale, necessario: la quindicesima edizione del Festival dei Matti torna a Venezia dal 22 al 25 maggio con quattro giorni di incontri e visioni sul confine tra normalità e follia.
Da quindici anni il Festival dei Matti scardina narrazioni consolidate sul rapporto tra normalità e follia. Ideato, curato e diretto da Anna Poma, figura tenace e appassionata, l’appuntamento veneziano – indipendente, interdisciplinare, radicale – si è imposto nel tempo come uno spazio libero di pensiero critico, capace di interrogare i confini tra salute e sofferenza psichica, tra ciò che definiamo normale e ciò che releghiamo al margine. L’edizione 2025, in programma dal 22 al 25 maggio, dal titolo Conflitti distratti, mette a fuoco le forme in cui i conflitti si annidano e si rimuovono, dislocati nelle periferie della coscienza collettiva, nei non detti e nelle retoriche dell’emergenza.
Dall’arte alla filosofia, dalle scienze umane alla testimonianza diretta, il Festival intreccia linguaggi e prospettive per smontare tabù, ridare voce alle soggettività escluse e restituire complessità a esperienze spesso ridotte a diagnosi o meri dati statistici.
Giovedì 22, l’Auditorium di M9 a Mestre, ospita l’incontro inaugurale: Vecchi da legare, dialogo con Antonio Esposito, autore di Come Cristo in Croce, sul silenzio e l’immobilità imposti alla vecchiaia nelle strutture di cura. In serata, Ascanio Celestini presenta il suo libro, Poveri cristi: storie di marginalità e resistenza quotidiana raccontate con il suo graffiante stile ironico.
Venerdì 23, l’Accademia di Belle Arti presenta Visual Assembly, laboratorio creativo e democratico, nato da un’idea dell’antropologo David Graeber e l’artista Nika Dubrovsky, sua moglie, quest’anno ospite del Festival. In chiusura di giornata Ancora uomini e topi, conflitti senza scampo, un dialogo con Roberta De Monticelli, filosofa e autrice di Umanità violata. La Palestina e l’inferno della ragione e Marco Tarquinio, già direttore di Avvenire ed Europarlamentare. A seguire la proiezione del documentario No Other Land (Orso d’Oro e Oscar 2024), che racconta la resistenza della comunità palestinese di Masafer Yatta, minacciata dalle espulsioni forzate dell’esercito israeliano.
Sabato 24 e domenica 25, il Festival si sposta al Teatrino di Palazzo Grassi, per Controffensive: un confronto sul conflitto come strumento sociale di democrazia con il filosofo e psicoanalista Miguel Benasayag. Segue l’Elogio del conflitto con Massimo Cirri e Anna Poma sul pensiero di Franca Ongaro Basaglia, che definiva il conflitto «spazio dialettico e politico necessario per abitare le contraddizioni che attraversano società, legami, generi, storia e cultura. Il suo evitamento, al contrario, come radice dell’omologazione, dell’appiattimento delle differenze, del mondo che non cambia».
La performance di Patricia Zanco dà invece vita ad un “dialogo impossibile” tra Franca Ongaro Basaglia e Susan Sontag, mentre, a seguire, la giornata si conclude con la proiezione di Noi siamo gli errori che permettono la vostra intelligenza, dedicato all’Accademia della Follia di Trieste, compagnia teatrale triestina di “attori a rischio” amica e complice del Festival fin dalle sue prime edizioni.
Domenica 25, giornata finale del Festival, si apre con L’altra faccia della luna, un dialogo con Barbara Buoso, autrice di Padre terra, romanzo di formazione che esplora la violenza delle appartenenze negate, ma anche legami inaspettati e resistenze silenziose. A seguire, l’incontro I corpi come spazio del conflitto affronta il tema della violenza istituzionale e sistemica esercitata sui corpi marginalizzati – migranti, queer, psichiatrici – attraverso pratiche di esclusione, controllo e invisibilizzazione.
Nel pomeriggio, Controintuizioni, in collaborazione con Incroci di Civiltà, propone una riflessione a partire dal libro Continuate in ciò che è giusto. Storia di Alexander Langer (Bompiani, 2024) di Alessandro Raveggi: un’occasione per interrogarsi su cosa significhi oggi immaginare un’ecologia del conflitto, capace di coniugare dissenso e convivenza, giustizia e cura. Chiude il programma Disconosciuti. Conflitti a distanza d’offesa, con Francesco Della Puppa, autore della graphic novel omonima, Chiara Roverso e Yared Afeworki, per portare l’attenzione sulle vite dei sans-papiers: esistenze rimosse dalla narrazione pubblica, che mettono a nudo le contraddizioni più profonde del presente.
Tra gli eventi collaterali, la mostra Aboutness di Piera Benetti, alla Domus Civica fino al 30 giugno, indaga una nuova idea di natura e di rappresentazione. In chiusura, il collettivo Scaramuzza dà corpo a una performance tra musica e parola, gesto e rumore: un gran finale che incarna lo spirito indisciplinato e necessario del Festival dei Matti.
L’idea di rappresentazione, in questi anni, sta assumendo nuovi significati. Il reale riprodotto all’interno di uno schema ...
Poveri cristi sono i protagonisti dell’ultimo libro omonimo di Ascanio Celestini, voci fragorose e dissonanti che ro...
Diretto, prodotto, scritto e montato da un collettivo israelo-palestinese formato da Basel Adra, Yuval Abraham, Rachel Szor ed ...
Il Festival dei Matti si sposta al Teatrino di Palazzo Grassi, e nel pomeriggio di sabato, alle 15.30 sarà il pensiero e il la...
Il Festival dei Matti prosegue al Teatrino di Palazzo Grassi con la proiezione di “Noi siamo gli errori che permettono la...
Nell’ultima giornata del Festival dei Matti, Controintuizioni apre un nuovo spazio di riflessione sul tema del confl...
A chiudere l’edizione 2025 del Festival dei Matti è l’incontro Disconosciuti. Conflitti a distanza d’offesa, de...