A ruota libera

Alla Bevilacqua La Masa le biciclette di Franca Faccin
di Mariachiara Marzari

Fino al 25 settembre la Fondazione Bevilacqua La Masa ospita presso la Galleria di Piazza San Marco la mostra  dell’artista Franca Faccin dal titolo Giallo blu verde rosso. L’altalena dei giri di freni, a cura di Luisa Turchi con la collaborazione di Paolo Rosso.

Per raccontare la mostra personale dell’artista Franca Faccin dal titolo Giallo blu verde rosso. L’altalena dei giri di freni, inaugurata a fine agosto alla Fondazione Bevilacqua La Masa a Piazza San Marco, partiamo dal curatore, anzi dalla curatrice, Luisa Turchi, che con dedizione e impegno porta avanti progetti di indagine artistica su autori, come Franca, che attraverso il loro linguaggio pittorico concorrono «a rivelare a ciascuno di noi l’invisibile che è dentro i nostri occhi, l’indicibile che è dentro la nostra mente, il possibile che è nella nostra fantasia» (Enzo Di Martino, Dal pretesto visivo alla pittura, Venezia 1999).Attraverso un allestimento puntuale, la mostra restituisce l’alfabeto concettuale e mediterraneo del “libero girovagare in pittura” dell’artista originaria di Vicenza, nota soprattutto per il sintetismo iconico delle sue biciclette, divenute assoluto portabandiera di libertà come condizione primaria dell’esistere.«È questo il mio credo: lentezza e rapidità, leggerezza e pesantezza, sottrazione e verticalità, nella sintesi dell’“impalpabile pulviscolo della luce” che ci avvolge, che fa sparire attraverso il colore la gravità delle cose» (Franca Faccin, Festina Lente, 2003).

Franca Faccin, Mercato, 1997

La sua estemporanea metafisica del colore e il suo segno minimalista restituiscono dunque sulla tela biciclette, giri di freni e gru, eliche di aeroplani, mercati a volo d’uccello, che si susseguono senza sosta nello spazio della luce.Franca Faccin è stata autrice di una favola per bambini La Bicicletta e il mare, che da sola introduce alla genesi della sua ricerca pittorica, disvelata in mostra da più di sessanta opere fra dipinti e disegni. Gli spicchi delle ruote sono dipinti con i colori primari e complementari, e per accostamento richiamano una solarità altisonante d’arlecchino, mentre le ruote sono “ribaltate” come allegri ombrelloni. Il suo sguardo rivolto a Bruno Munari, facendo l’occhiolino a Klee, non impedisce il raggiungimento di uno linguaggio personale semplice e complesso quanto originale. La mostra si configura come un sogno naif, in cui la ricerca di equilibri strutturali e formali, nonché coloristici prelude a significati impercettibili. L’imprevedibilità che nasce nella reiterazione di grafismi dal sapore orientale con un’anima occidentale è energia primitiva allo stato puro e al contempo desiderio di pace e interiore armonia. A fine dalla mostra si esce consapevoli che quello di Franca Faccin è un linguaggio figurativo estetico e ideologico emozionale, destinato a rimanere come un codice impenetrabile, una partitura musicale contemporanea che sa «di aria, di vento, di luce», pur rimanendo immobile sulla tela e sulla carta.

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