Preparatevi, perché qua si ride. Si ride di gusto, apertamente, perché Uomo e Galantuomo è un meccanismo comico perfetto che sembra scritto oggi, non centouno anni fa. Primo testo in tre atti di Eduardo De Filippo, dal gusto “scarpettiano”, racconta la storia di una compagnia di attori in male arnese scritturati per una serie di recite in uno stabilimento balneare. Ad impegnarsi però non ci pensa nessuno, ognuno indaffarato a procurarsi il pasto quotidiano e distratto dalle proprie vicende personali che arrivano a coinvolgere, in una spassosa spirale di intrecci amorosi e scambi di persone, anche qualche rappresentante della nobiltà. Fino allo scioglimento finale, quando per alcuni l’unica possibile via d’uscita sarà imboccare con decisione la strada della finta pazzia.
La regia, firmata da un attento conoscitore di Eduardo come Armando Pugliese, oscilla sapientemente tra tradizione e innovazione: perché mentre sarebbe quasi sacrilego mettere mano alla struttura di un classico dai tempi comici perfetti, l’interpretazione dei personaggi principali si arricchisce di suggestioni e si adatta al contemporaneo. Ecco, quindi, il capocomico Gennaro De Sia (Geppy Gleijeses, al suo settimo spettacolo di Eduardo) che riunisce in sé Totò, Gustavo de Marco, Chaplin, o Alberto De Stefano (Lorenzo Gleijeses) che imbocca la strada del surreale. In scena anche Ernesto Mahieux, David di Donatello per L’imbalsamatore di Garrone, che vestirà i panni del Conte Tolentano.
Intorno a temi cari al teatro di De Filippo, come la lotta tra ricchezza e povertà e il perbenismo di nobili e borghesi, una pura matematica teatrale costruisce quadri di coinvolgente divertimento, dalla scena delle prove in albergo, figlia della grande matrice del teatro comico napoletano, in cui un suggeritore maldestro, continuamente frainteso dagli attori, ne combina di tutti i colori, alla gag dal sapore americano del bicchiere di acqua e amarena bevuto sempre dalla persona sbagliata.