L’assenza, a parte un paio di eccezioni, della Cina spicca di sicuro. La motivazione principale, oltre a quella rilevantissima della crisi pandemica, è da ricercarsi nella censura subdola, sotterranea, ma comunque molto forte, che sta investendo il settore cinematografico di quel Paese. Un contesto in cui autori sgraditi vengono totalmente esclusi dalla possibilità di ricevere sostegno adeguato per produrre e distribuire i propri lavori. Una pressione fortissima che il governo cinese sta portando avanti per fare in modo che alcuni registi non possano lavorare o che i film ultimati non possano essere distribuiti, men che meno all’estero.