Ripartire dal futuro

Settimana Internazionale della Critica, all’insegna della scoperta
di Davide Carbone
  • domenica, 4 settembre 2022

Come il cinema tutto, nel 2022 vedremo una Settimana Internazionale della Critica desiderosa di recuperare il tempo perduto non precludendosi nessun pubblico, anzi, allargando i propri già vasti orizzonti. La Delegata Generale Beatrice Fiorentino ci racconta la fisionomia di un’edizione carica di novità, con nuovi spazi fisici e tematici all’insegna dell’inclusione. Sullo schermo vedremo personaggi lottare per un futuro migliore, proprio come la SIC si candida a protagonista del cinema di domani.

“Ripartire dal futuro” sembra essere il motto di questa edizione della SIC. Un nuovo comitato di selezione, nuovi vertici del Sindacato, una nuova sigla. Come è nata e si è sviluppata questa istanza di rinnovamento?
Ripartiamo dal futuro perché è verso il futuro del cinema che è orientato il nostro sguardo. La Settimana della Critica è il luogo deputato alla scoperta. Con il Concorso dedicato alle opere prime e, ormai da sette anni, la compresenza di SIC@SIC, che ci permette di scommettere sul cinema italiano di domani, la nostra missione ci porta a guardare dritto in avanti. L’Assemblea del Sindacato Critici Cinematografici Italiani che si è svolta lo scorso dicembre ha eletto, di concerto con il direttivo uscente, un nuovo gruppo dirigente, che a sua volta ha provveduto a nominare il comitato di selezione dopo che il precedente aveva concluso il suo mandato. Ci siamo trovati tutti a lavorare con grande slancio ed entusiasmo, con la voglia di tracciare un percorso nuovo. La sigla, creata da Frame by Frame con la musica di Cantautoma, la prima mai realizzata con l’ausilio dell’Intelligenza Artificiale, è parte di questo stesso percorso. Troviamo che ci rappresenti. Con lo sguardo al centro, in una Venezia del futuro.

Quali i temi che incontreremo nei 9 titoli della Selezione 2022?
Dopo questo biennio pandemico abbiamo sentito istintivamente il desiderio di lasciarci i momenti più duri alle spalle: la paura, la distanza, il buio. I film che vedrete quest’anno guardano perciò nella direzione opposta: verso la luce, il colore, gli spazi aperti. Ci riportano al concetto di comunità. I personaggi che abitano i nostri film sono sognatori, idealisti, uomini e donne in lotta per un futuro migliore, più giusto. Sarà una SIC accogliente, per tutti. E molto queer. Oltre il concetto di genere, oltre la binarietà maschile/femminile, pronta ad abbracciare nuovi concetti, più evoluti, di identità.

Nasce la Casa della Critica, spazio di condivisione e incontro nelle vicinanze del Palazzo del Casinò. Ci racconti la genesi di questo nuovo progetto.
Era da tempo che pensavamo a uno spazio del genere, che coltivavamo l’idea di allargare i confini del “discorso sul cinema” anche al di fuori della sala. Sin dal primo istante del proprio mandato il Sindacato, in particolare la Presidente Cristiana Paternò e il Vicepresidente Pedro Armocida, si sono dati questo obiettivo come priorità. E grazie al loro impegno siamo riusciti insieme a concretizzare il progetto, che vogliamo assolutamente far crescere. Consideriamolo un ottimo punto di partenza. Simbolicamente, ma anche molto concretamente, ci fa vivere questa edizione della SIC come un possibile nuovo inizio.

SIC@SIC si conferma una consolidata palestra del cortometraggio italiano. Quali crede possano essere gli sviluppi futuri di questo format espressivo?
Non so se il cortometraggio avrà uno sviluppo diverso in futuro, ma è certo che chiunque abbia l’ambizione di fare cinema dovrebbe passare attraverso questa esperienza. Che serve in primis al regista, il quale ha la possibilità di affrontare la gestione di un set in una situazione tutto sommato “protetta”, di sperimentare in libertà, senza limiti, imposizioni o esigenze di mercato. È un’esperienza fondamentale. Molti giovani filmmaker passati da noi hanno già fatto il salto all’opera prima. A SIC@SIC, però, presentiamo, Fuori Concorso, anche lavori di registi con un percorso artistico già consolidato. Anche in questo caso la parola d’ordine è “libertà”. Che si tratti di lavori di avvicinamento a successivi lungometraggi o racconti a sé stanti, l’impressione è che nel cortometraggio ci si senta liberi di osare oltre i limiti del canone e della durata. Chissà che il corto non divenga un banco di prova per un cinema più audace. Ben venga!

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