INTERAZIONE/COSTRUZIONE
«Noi creiamo cose e le cose creano noi». Questo assunto – celebre nelle teorie creative orientate al material engagement – si adatta bene alla descrizione di Shores of Loci, gioco interattivo in VR qui Fuori Concorso, un jigsaw che siamo chiamati a costruire materialmente assemblando tra loro parti di oggetti che somigliano a mondi-isola, in stile Laputa – Castello nel cielo di Miyazaki. Un puzzle realizzato con straordinaria precisione del dettaglio che ci consente di riflettere sull’atto creativo e sull’immaginazione produttiva in ambienti VR interattivi. È possibile essere dei “creatori”, dei “faber” all’interno di mondi virtuali? Costruendo cose costruiamo anche noi stessi, in quanto fruitori attivi? Assumiamo uno status particolare, differente da quello di spettatore che caratterizza la visione cinematografica? Se è vero che nel processo creativo siamo influenzati dal materiale che plasmiamo, che innesca un processo intenzionale e ci spinge a creare l’inedito, nell’interazione videoludica qual è il nostro ruolo? Il materiale, costituito (determinato, programmato) da un codice ci vede come attori per lo più obbedienti agli schematismi interni al dispositivo. Ma questo avviene in ogni fruizione artistica, in verità.
Giocando all’interno di Shores of Loci, che si apre con una voce off che ci invita a usare l’immaginazione per riassemblare mondi perduti, noi siamo chiamati a creare forme predeterminate. E così in molti progetti videoludici in cui siamo invitati a costruire. Fare, creare, costruire: sono tutte azioni che modificano la realtà. L’immaginazione stessa è interazione con il mondo-ambiente. In VR l’impressione di realtà è notevole ed è notevolissima in questo prodotto (già disponibile sulle piattaforme come Oculus), ma il codice che determina il mondo-ambiente in cui agiamo è necessariamente chiuso, tecnologicamente determinato. Noi stiamo al gioco, ma le possibilità che abbiamo sono per lo più prevedibili, previste dai programmatori o dall’intelligenza artificiale. L’effetto è paradossale: agiamo, ma non creiamo nulla che non sia già dato. Ecco il nodo. Stare al gioco è fondamentale nelle esperienze ludiche in genere, lo è ancora di più nelle esperienze videoludiche o virtuali. Accettare l’appagamento che l’impressione di creare o ricreare ci offre è la chiave per apprezzare queste esperienze. Ma noi qui cerchiamo di capire come le tecnologie immersive possono o potrebbero andare oltre, superando gli schematismi interni. Aprire il codice, lasciando allo spettatore l’ebbrezza di creare davvero qualcosa che prima non c’era, è forse una prospettiva tecno-estetica ancora tutta da ricercare.
SHORES OF LOCI
FUORI CONCORSO
di Ellen Utrecht
(USA, 30’)