Fragile creatura

Céline Rouzet debutta nella fiction in Orizzonti con "En attendant la nuit"
di Delphine Trouillard
  • mercoledì, 6 settembre 2023

Per anni, Céline Rouzet ha collaborato con Radio France e realizzato reportage investigativi (The Pulitzer Center, Le Monde diplomatique, The Huffington Post) in cui poneva domande su temi legati all’integrazione a persone ai margini, raccontandone le storie: la speranza di un ragazzo disabile che sogna di trovare l’amore, la solitudine di chi perde tutto, fino al senso di colpa di pedofili astinenti o pentiti. Raccontare le storie degli “invisibili”, dare voce alle persone che lottano quotidianamente di fronte alle forze implacabili che agiscono in loro e su di loro… questo è ciò che la anima.

Come è nata l’idea di questo film?
Mentre giravo un documentario un dramma ha colpito la mia famiglia. Ho cercato un modo di superarlo e l’unico è stato di trasformarlo in una finzione. Il bello del cinema di genere è che oltre a creare quel particolare lirismo, a esaltare le situazioni, a provocare sensazioni ed emozioni, permette di creare una distanza con il reale: così sono riuscita a prendere la giusta distanza con quello che stava accadendo nella mia vita personale.

Il protagonista, Philémon, è affetto da vampirismo. Abbiamo davanti una metafora?
Il vampiro è un mostro fragile: la sua condizione è invisibile al primo sguardo, ma quando viene scoperto incute immediatamente paura. Il vampirismo è paragonabile a una malattia rara o a una forma di depressione, qualcosa che porta all’isolamento, che può diventare pericoloso per gli altri oltre che per chi ne è affetto. Questa storia vuole quasi essere un case study: cosa accade quando una famiglia il cui figlio è un vampiro sbarca in una città placida e tranquilla? Ho voluto portare alla luce è la violenza scatenata dalla società che spinge oltre il limite le persone che escono da quella che si vorrebbe la norma prestabilita. Philémon è un ragazzo giovane e affettuoso, che cerca di integrarsi nascondendo la sua particolarità, ma nonostante ciò diventa il mostro che la società vede in lui. La sfida di questo film è riuscire a mostrare Philémon come un mostro innocente. Con questo lavoro cerco di sottolineare l’importanza del dialogo, del lasciare esprimere le persone permettendo loro di non nascondersi.

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La scelta dell’esordiente Mathias Legout Hammond per interpretare il ruolo del protagonista Philémon.
Non sappiamo esattamente come sia arrivato a fare il casting, ma quando l’abbiamo visto recitare è stato subito lampante che cercavamo lui. Raccoglieva in sé dolcezza e rabbia contenuta. Recitava in modo intenso e soprattutto con lo stesso tono a cui pensavamo quando abbiamo scritto i dialoghi. Mathias meglio di tutti ha capito il personaggio di Philémon, ovvero un vampiro che sogna di diventare un uomo, ma che la società costringe a rimanere un mostro. Ripensandoci oggi, mi sembra di aver assistito all’incontro fatale tra un attore e il suo ruolo.

Per quale motivo ha scelto di ambientare la storia negli anni ‘90?
Sono gli anni della mia adolescenza, ma sono stati anche un periodo in cui le persone con un’‘anomalia’, una malattia rara e via dicendo erano molto più isolate di quanto non lo siano ora. Non c’erano i social, non c’erano le associazioni, né l’attenzione di oggi. Detto ciò, la questione dell’integrazione delle persone disabili rimane ancora un tema estremamente urgente e sensibile. Ho scelto di ambientare la storia negli anni ‘90 per creare una sorta di scarto spazio-temporale.

In una scena del film, si vede Philémon in camera sua con il libro Un’arida stagione bianca di André Brink, appoggiato sul comodino. C’è un significato?
È un libro che mi ha sconvolta. Tratta dell’apartheid in Sudafrica. Anche se il razzismo non è il tema del film, raggiunge le questioni di violenza tra dominatori e dominati, quelle relative alla sconfitta del ‘vivere insieme’, alla società che separa e rende invisibili i più deboli o le minoranze. Un tema che si collega sia al prossimo film a cui sto pensando che al mio primo documentario sul neocolonialismo.

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