Il primo uomo

"Sky Peals" è il film di debutto del regista Moin Hussain
di Andrea Falco
  • martedì, 5 settembre 2023

Il regista britannico Moin Hussain è a Venezia con il suo lungometraggio d’esordio, Sky Peals, una storia sulla distanza, su sentirsi così lontani dalla propria presunta casa che ci si chiede: come è possibile che io appartenga a questo luogo? Vengo davvero da questo Pianeta?

Adam ha difficoltà a esprimersi, questo è evidente. Come può un film raccontare la storia di una persona che non sa o non vuole raccontarsi? Una persona così riluttante ad aprirsi?
Adam è un personaggio difficile da usare come protagonista, sì, e le persone che hanno visto il film in realizzazione me l’hanno fatto notare spesso. È però proprio ciò che mi interessa di lui, ciò che mi invoglia a raccontare la sua storia. Non è una persona cui piace comunicare o che mostra facilmente le sue emozioni, o cosa gli passi per la testa, però a un certo punto comincia ad aprirsi al mondo, ed è questa la storia che sto raccontando. D’altra parte, è ciò che sta cercando di fare Adam all’interno della sua storia. Il cinema non è solo dialogo, comunque. Ci sono anche tanti altri aspetti del fare un film e io li uso tutti per raccontare la mia storia. Ci sono l’audio, la musica, l’aspetto estetico di un film… ogni elemento dà qualcosa.

SKY PEALS

SKY PEALS

Film scritto e diretto da Moin Hussain, racconta la ricerca di un padre scomparso, tra mistero e fantascienza. Adam fa il turno di notte in una stazione di servizio autostradale e conduce una vita modesta e solitaria. Dopo aver saputo che il padre è morto si muove alla ricerc...

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Se Adam fosse cristiano, il suo cercare il padre potrebbe essere spiegato, forse in modo quasi troppo facile. È però il fatto che è mussulmano a non renderlo convinto di quanto fa? A un certo punto prende l’auto, si allontana dalla moschea e guida verso la chiesa. C’è poi la figura di Tara, una madre amorevole, che sembra inserirsi in questo quadro. Adamo, il primo uomo, conosceva suo padre?
Ci sono elementi intenzionali e non intenzionali nel film, e non è il mio compito o il mio obiettivo dire quali debbano rientrare nell’interpretazione personale del film e quali escludere. Trovo interessante che si notino questi aspetti del film, perché la vita e la morte, e cosa c’è prima e dopo di queste, sono elementi essenziali della mia storia. Adam non è strettamente religioso. Lo vediamo come mussulmano perché lo era suo padre, ma la madre è inglese, quindi lui si trova a metà tra due culture. Questo è un altro aspetto interessante del suo carattere, secondo me. È un po’ anche la mia esperienza personale. Adam fa il possibile per far funzionare le cose e trovare il suo posto nel mondo, che è poi il punto di tutto il film. Ovviamente il simbolismo religioso c’è ed è importante nella storia. Ho voluto fin dall’inizio girare almeno due scene, una in moschea e una in chiesa, per esplorare il mondo in cui vive Adam, che non è facile da categorizzare. Dov’è casa sua? Una casa ce l’ha, sì, ma in un certo senso finisce per perderla. Adamo è il primo uomo, secondo la Bibbia, ed è per questo che ho scelto questo nome. Il mio Adam è il primo della sua specie, come si vedrà nel film. Ci sono diversi livelli e diverse interpretazioni nella storia, certo, ma per me rimane una storia semplice, una storia di alienazione e connessioni mancate in senso molto umano. Spero che dica qualcosa su cosa significhi essere umani quando la tua vita è diversa, per quanto poco, da quella della maggior parte degli altri.

Questo è il suo debutto a Venezia. A che posto sta puntando nel mondo del cinema?
Cerco di non pensarci troppo. A questo punto non posso più influenzare come il film sarà accolto. Preoccuparsi troppo del mio posto nel mondo del cinema vorrebbe dire distogliere energie dal mio lavoro e dal mio vero obiettivo, che è fare un altro film e poi un altro e un altro ancora. Sono il tipo di persona che crede che sia necessario sempre andare avanti, un passo alla volta. Sono aperto a fare cose diverse.
Se mi chiedeste se preferisco girare un kolossal o un piccolo film d’arte, credo che direi ingenuamente: entrambi, ammesso sia possibile. Penso che il mio posto come regista sarà comunque non del tutto mainstream. Vorrei distaccarmi almeno un po’ da ciò che è più popolare o dominante. Ma di nuovo, davvero non voglio che sia questa la mia preoccupazione, e voglio continuare a lavorare su ciò che cattura il mio interesse.

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