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Leonard Bernstein

a cura diF.D.S.
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  • sabato, 2 settembre 2023

Leonard Bernstein rappresenta per eccellenza, portandola al suo apogeo, la figura del direttore d’orchestra di scuola americana: esuberanza che sconfina talvolta nell’istrionismo, gestualità plateale e vitalistica, rapporto fisico con l’orchestra che sotto le sue mani diventa lo strumento virtuosistico con cui affrontare qualsiasi partitura, ma soprattutto quelle di autori che sottopongono l’orchestra a veri tour de force (Mahler, scuola slava, Strauss). Con la grande differenza che, rispetto ai direttori precedenti (Koussevitzky, Stokowski, Reiner, Mitropoulos), tutti di origine europea e trasferitisi negli Stati Uniti dopo la loro formazione musicale, Bernstein fu il primo ad essere nato in America, a Lawrence, Massachusetts, nel 1918.

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Il percorso biografico e artistico di Leonard Bernstein, leggenda tra i direttori d’orchestra e gigante della musica contemporanea. Il suo carisma e il suo appassionato amore per la musica sono al centro delle vicende che ne hanno scandito la vita, nella composizione di oper...

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Il percorso biografico e artistico di Leonard Bernstein, leggenda tra i direttori d’orchestra e gigante della musica contemporanea. Il suo carisma e il suo appassionato amore per la musica sono al centro delle vicende che ne ...

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Memorabile la descrizione di Paolo Isotta in un saggio del 1988: «… sul podio lo vediamo come un ballerino, preda di un entusiasmo privo di oggetto, a coinvolgere orchestre e pubblici in esecuzioni di cui straordinaria è la carica vitale, non sempre il resto». Le sue stimmate come direttore d’orchestra sono per l’appunto l’esuberanza e la visceralità del suono, che però non sfociano mai nel brutalismo istintuale. Mahler, al quale forse si
sentiva più empaticamente legato, Stravinsky, Beethoven, Brahms, Strauss, ma anche Schumann e ovviamente i compositori americani delle generazioni precedenti, come Ives e Copland: sono gli autori che meglio di tutti seppero esaltare l’enorme talento di Bernstein per la comprensione delle strutture musicali e degli impasti timbrici. Ma Bernstein fu anche molte altre cose: compositore, innanzitutto, di musical di Broadway e di opere di forma classica: meglio, di musical che sembravano opere classiche e di opere che sembravano musical. On the Town e West Side Story sono senza dubbio i due musical che lo consegnano alla storia della musica. Bernstein fu anche il più grande pedagogo della musica mai esistito,
come diceva Virgil Thomson “il divulgatore ideale di ogni tipo di musica”: le sue trasmissioni sulla CBS dedicate a spiegare la musica ai giovani americani, con l’ausilio di una vera orchestra dal vivo, sono l’esempio più alto del formidabile approccio pedagogico che in quegli anni informava i palinsesti delle televisioni dell’Occidente.

On the Town
(1944)
di Gene Kelly, Stanley Donen

Un venticinquenne Jerome Robbins, nell’autunno del ‘43, approccia il coetaneo Bernstein e gli propone di musicare un balletto su tre marinai che scendono per 24 ore a New York prima di partire per la guerra. È la nascita di On the Town, un inno di Bernstein alla sua città di adozione, pieno di riferimenti a Gershwin ma anche alla musica colta. Diverrà un musical di enorme successo.

West Side Story
(1951)

Il punto più alto dell’impegno di una vita, quello che portò Leonard Bernstein a tentare di realizzare un teatro musicale nazionale autonomo, realmente americano, attraverso la ibridazione di Broadway con il jazz e la musica classica. Sappiamo che non ci riuscirà, ma WSS rimane un capolavoro assoluto.

Young Person’s Guide to the Orchestra
(1957)

In quegli stessi mesi in cui Bernstein sulla CBS svelava agli adolescenti americani i segreti della musica classica, in Italia il maestro Manzi cominciava Non è mai troppo tardi.

Mass
(1971)

Su commissione di Jacqueline Kennedy per l’apertura del John F. Kennedy Center for the Performing Arts a Washington, Bernstein compone una Messa in latino che verrà stroncata dalla critica perché troppo simile alla musica di Broadway. In realtà l’entusiastico eclettismo di Bernstein e la sua volontà di fondere la forma-sinfonia con il jazz e con Broadway rappresentano uno dei momenti più alti della musica del secondo Novecento, della sua grandezza e dei suoi limiti.

Stravinsky, Le sacre du printemps
(1982)

(Orchestra Filarmonica di Israele) «La sagra è sesso» pare abbia detto Bernstein una volta, e lui rimane il più grande interprete di quest’opera e del suo selvaggio spirito dionisiaco, all’opposto degli approcci entomologici di Boulez e di Abbado.

Mahler, Prima sinfonia, I movimento
(1987)

(Royal Concertgebouw Orchestra ) Ha quasi settant’anni, Bernstein, quando dirige l’orchestra olandese nella prima di Mahler, ma è ancora un gigante nel costruire questo suo suono di seduzione, appagante carne e spirito.

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