Romano, classe 1993, Alain Parroni arriva dal mondo della grafica e dell’animazione, discepolo del geniale Stefan Sagmeister. Già a Venezia nel 2017 con ADAVEDE che riceve numerosi riconoscimenti, torna in concorso nella sezione Orizzonti con Una steminata domenica, storia di nichilismo e ribellione nell’estrema periferia romana
Partiamo proprio dal titolo, Una sterminata domenica…
Mi è venuto d’istinto, quando poi abbiamo cominciato a tradurlo in lingua straniera ci siamo resi conto di come non ci fosse una traduzione fedele della parola “sterminata”. Credo che già questo concetto sia interessante se riferito alla domenica, “limbo esistenziale” soprattutto nelle estati che hanno caratterizzato la nostra adolescenza. Un ipotetico titolo in inglese, Endless Sunday, sarebbe composto idealmente da quattro parole (“fine”, “senza”, “sole”, “giorno”) e presenterebbe un immaginario molto simile a quello del titolo in italiano. Una bella lotta!
Il riferimento ai tre ragazzi protagonisti è ad una Roma che sembra lontana e allo stesso tempo facilmente raggiungibile, vista dalla provincia.
Sono cresciuto in campagna, quando marinavo la scuola, prendevo il treno e andavo a Roma. Attraversando i tornelli della metro mi sembrava di entrare a Disneyland. Era davvero straordinario come il Colosseo diventava un elemento architettonico universale e allo stesso tempo personale, come a dire «Io appartengo a questa storia, che fa parte di me».
Brenda è incinta. Alex ha appena compiuto 19 anni e sta per diventare padre. Kevin riempie la città con il suo nome scritto ovunque. Tre giovani della campagna romana tentano di lasciare il proprio segno nel mondo, vivendo di gratificazioni immediate con il loro linguaggio u...
Mondi differenti, però in comunicazione.
La distinzione fra periferia e provincia è molto importante in questo film: la periferia subisce la città, spesso è fortemente degradata, mentre la provincia vive secondo altri ritmi, totalmente differenti. Ha un rapporto con la città quasi distaccato, la frequenta saltuariamente e in modo discontinuo.
Il racconto del film, di questi tre protagonisti.
L’idea era di esplorare quel tipo di adolescenza attraverso tre caratteri diversi: chiuso, introverso e distaccato. Il film l’ho iniziato a scrivere quando avevo vent’anni, ora ne ho trentuno. Era quel periodo in cui sei un po’ nel vuoto, non sai cosa fare, cosa costruire, anche le piccole cose quotidiane in quel momento portano avanti la tua storia. Tutti e tre i personaggi hanno desiderio di lasciare testimonianza del proprio passaggio: Kevin attraverso i graffiti cerca di rivendicare il suo spazio al mondo; Brenda è incinta e pensa che già questo le darà uno scopo nella vita; Alex, convinto di essere il padre del bambino, inizia a costruirsi una vita da adulto magari destinata a collassare a breve. Alex, Brenda e Kevin non sono altro che il sogno di un adolescente preoccupato che si addormenta con lo smartphone in mano davanti alla TV accesa a tutto volume.
Barbera in conferenza stampa ha presentato il suo lavoro in maniera assai lusinghiera: «Parroni fa una scelta coraggiosa che consiste nell’abbandonare i modelli narrativi tradizionali per raccontare una storia di nichilismo e ribellione nell’estrema periferia romana. Il film è un’esperienza quasi puramente sensoriale, visiva e musicale che aspira a diventare il manifesto di una generazione perduta».
È una grande responsabilità, mi hanno fatto molto piacere queste parole. In me c’è l’ambizione di seguire la realtà nel modo più fedele. Mi sono reso conto, mentre esploravo la campagna, che ci sono due realtà: oggettiva e digitale. Ho intervistato tantissimi ragazzi in questi anni e ho avuto modo di vedere come le mie domande, incentrate sulla politica, la religione, fossero in contrasto per certi aspetti con il mondo dei social, dove potevo vedere più realtà. Una realtà che rimane determinante nell’influenzarci e nel regolare il nostro comportamento, una realtà che è la nostra grammatica, il nostro linguaggio. Da questo punto di vista… regna l’anarchia!
Come ha scelto gli attori?
Federica Valentini (Brenda) è stata scelta dopo una delle interviste di cui parlavo. Enrico Bassetti e Zackari Delmas sono rispettivamente di Torino e del Lago di Garda, non romani quindi, ma provenienti comunque da altre province. Entrambi, perciò, conoscevano molto bene la quotidianità della provincia su cui volevo concentrare il mio sguardo.