Per il sesto anno consecutivo Lorenzo Mattotti firma l’immagine della Mostra del Cinema, sia graficamente, con le sue immaginifiche illustrazioni, che come animazione, realizzando il corto proiettato come sigla della Mostra prima di ogni film. L’abbiamo incontrato per farci raccontare come è nato e come si è dipanato negli anni questo visionario viaggio.
Come è nata questa collaborazione e come ha scandito questo percorso ‘seriale’?
La collaborazione nasce nel 2019 mentre stavo terminando il mio film La famosa invasione degli orsi in Sicilia, presentato a Cannes lo stesso anno, motivo per cui mi dedicai esclusivamente al manifesto del festival e non al video di presentazione. La prima locandina risulta la più classica, anche in virtù del fatto che credevo sarebbe stata la mia unica commissione per il festival di Venezia, non potevo certo immaginare quello che sarebbe potuto succedere negli anni successivi. E invece eccomi ancora qui!
Ogni anno la mia partecipazione è un’avventura all’insegna dell’invenzione. L’anno che seguì il mio ‘esordio’ in Biennale cercai di realizzare un video che avesse una certa continuità con l’idea dell’anno precedente, così venne fuori questo ‘fuoco d’artificio’ di immagini e musica, non senza difficoltà trattandosi di un lavoro che richiedeva una sorta di mediazione con la direzione del festival, come è normale che avvenga sempre per un evento istituzionale di questa portata. Tendenzialmente avanzo delle proposte che devono poi incontrarsi con le esigenze di Barbera e del suo team, oltre che con le eventuali celebrazioni previste. L’anno scorso, per il novantesimo ‘compleanno’ della Mostra, la sfida è stata particolarmente impegnativa vista l’esigenza di avere un’immagine forte ma non banale, che recuperasse i simboli delle prime edizioni ma che risultasse comunque al passo con i tempi. Così abbiamo pensato alla leonessa, riprendendo il leone rappresentativo della città stessa ma con una carica di personalità e femminilità in una declinazione decisamente contemporanea.
Altro lavoro ritengo ben riuscito è stata la progettazione della sigla dell’edizione tenutasi durante la pandemia, nel 2020, quella che ha decretato il primato di Venezia tra i pochi grandi eventi internazionali realizzati in quell’anno in presenza. L’immagine degli acrobati, degli equilibristi, scelta per l’occasione rappresentava perfettamente la situazione precaria e complicata che tutto il mondo stava allora vivendo. Un manifesto davvero ‘sul pezzo’, ha funzionato benissimo.
Un’illustrazione decisamente on the road per definire l’immagine di questa 80. edizione della Mostra. Innegabile il rimando a quella che ormai si può a tutti gli effetti definire un’altra età, quella in cui il futuro era tutto da prendere, da fare proprio con i sogni e la fantasia. I decenni del boom, dell’irruzione nel mondo aperto dei giovani, insomma, i Sixties. Cosa significa imprimere un segno così fortemente aperto verso il domani, ispirandosi all’altroieri, in un tempo connotato da un lato da una complessità feroce e sempre più aggressiva, dall’altro da un vissuto tutto giocato in una sorta di infinito, digitale presente?
È un’immagine che per me vuol dire molto. Ovviamente il festival cerca sempre di dare di sé un’impressione positiva nello stile, nei colori e nell’atmosfera, connotandosi come momento di gioia. All’interno della Mostra si dipana variegatamente la complessità composita del linguaggio cinematografico, perché i film sono sempre testimoni visivi dei tempi che corrono; eppure il festival è prima di tutto una festa del cinema, idea di fondo che abbiamo quindi sempre cercato di inserire come sottotesto dei manifesti.
La macchina che va verso il futuro non attraversa una prateria, bensì un paesaggio estremamente vario, astratto, un territorio della fantasia e dell’immaginario ricco e complesso. La macchina del cinema lo attraversa, lo conosce, lo scopre con uno sguardo pieno di speranza, guardando idealmente a tutti i territori che il cinema saprà esplorare e rinnovare attraverso il suo linguaggio. Lo stile che ho utilizzato è molto leggero, con disegni dai tratti non classici, adatti per sperimentare ed esplorare nuovi territori. “Il cinema può avere questo futuro” è il messaggio che ho semplicemente cercato di trasmettere. Messaggio che mi pare sia stato per ora recepito molto bene dai primi riscontri che ho avuto.
Il cinema secondo Lorenzo Mattotti: i registi, i film, le personali epifanie rivelatrici.
Frequentavo la Mostra del Cinema quando ero studente di architettura a Venezia, erano gli anni della contestazione. Ho iniziato precisamente nel 1972. Negli anni tra il ’75 e il ‘76 la memoria va alle sorprendenti proiezioni nei campi, in Campo Santa Margherita in particolare; sono ricordi molto vivi di appuntamenti che coinvolgevano tutta la città.
Il mio rapporto col cinema è abbastanza complicato, esiste da quando ero ragazzino. Quindi una relazione oramai bella lunga. Da metà settembre a gennaio 2024 a Brescia, la città in cui sono nato, quest’anno assieme a Bergamo Capitali italiane della Cultura, sarà possibile visitare al Museo di Santa Giulia una mostra su tutti i lavori che ho realizzato per il cinema: i manifesti, appunto, ma anche video, cortometraggi, schizzi, storyboard. Un’esposizione curata da Melania Gazzotti.
L’animazione oggi. Cosa le piace, come è cambiata negli anni e cosa prevede di nuovo per il futuro?
Non ho un approccio da specialista verso l’animazione, guardo pochissimi film di questo genere. Forse per un mio pregiudizio non seguo le opere di animazione più recenti, a meno che non ci si trovi al cospetto di uno stile davvero pregnante, con una sua evidente originalità. In tutta sincerità i film di animazione mi annoiano molto; ho l’impressione che i grandi lavori di animazione americani, che sono quelli più ricchi, riutilizzino strutture e schemi narrativi già visti. Sono molto incuriosito invece, e come potrebbe essere diversamente, dall’ultimo di film di Miyazaki; ci saranno senza dubbio memorabili momenti di magia e visionarietà.
La vera linfa creativa di questo settore a mio avviso proviene oggi dal mondo dei cortometraggi: in particolare i giovani, gli studenti, i nuovi autori in erba, insomma, con questa forma espressiva possono sperimentare tante belle idee che non si possono sviluppare nel grande mercato. Un universo espressivo magari difficile da seguire, ma in cui credo fermamente vi sia la vera creatività oggi. Il problema è riuscire a fare lungometraggi che abbiano la stessa forza visiva, l’equivalente originalità, la medesima attrattiva e spettacolarità, elementi indispensabili per affascinare il grande pubblico e soddisfare il mercato.
Oggi ho l’impressione che si possano realizzare lungometraggi d’animazione, sia in stop motion sia con altre tecniche, dai contenuti estremamente interessanti, con al centro tematiche che fino a poco tempo fa magari non si potevano trattare facilmente. Con i mezzi tecnologici del nostro presente tutto è apparentemente più facile da un punto di vista realizzativo; ci vogliono meno soldi per realizzare lavori che un tempo richiedevano ben altri sforzi, anche se va detto che con budget ridotti anche la tecnica si impoverisce, compromettendo, o perlomeno impoverendo, l’attrattiva di questi prodotti. La grande scommessa è allora avere a disposizione una potenza espressiva molto forte e allo stesso tempo essere originali, anche se la cosa potrebbe suonare come una contraddizione. Se vuoi essere originale puoi farlo anche con pochi soldi, ma non hai la potenza per raggiungere il grande pubblico. Se vuoi realizzare un prodotto per il grande pubblico, sei obbligato a utilizzare schemi di sicura affidabilità, spesso stereotipati. Credo davvero, perciò, che La famosa invasione degli orsi in Sicilia sia stato una sorta di miracolo, perché pur non avendo avuto una grossa potenza di fuoco il film è passato come grande storia popolare, superando il pregiudizio del pubblico verso l’etichetta di “film d’autore” che spesso anche i miei lavori si portano appresso. Ancora oggi si tratta di un film visto dalle famiglie, adulti e bambini. E per me questo è motivo di grande orgoglio, perché rappresenta davvero una sfida vinta.
I nuovi progetti, su tavola e ‘in azione’.
Spesso e volentieri li sfuggo i progetti… Tra poco però vado in Francia per una tournée teatrale con la favola di Hänsel e Gretel. Ci saranno i miei disegni e io che disegno dal vivo, accompagnato da un’attrice che racconterà la storia e da due pianisti che eseguiranno brani di Engelbert Humperdinck e musiche romantiche dell’opera di Hänsel e Gretel. Si tratta di uno spettacolo visivamente coinvolgente, in cui si vede proiettata la mano che disegna alternata a illustrazioni, un progetto per me davvero intrigante che presenteremo alla Filarmonica di Parigi. Mi piacerebbe portare l’esibizione anche in Italia, naturalmente. Ci spero. Vedremo.
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