L’opera nasce nel lontano 1978 a Stoccarda e arriva a noi con un’eredità di quelle che dovrebbero spaventare tutti, perché ripresa dai più grandi della danza: da Aurell Milloss nel 1948 a Maurice Bejart nel 1959, fino a Rudolf Nureyev con Margot Fontaine nel 1963 su musiche di Liszt. Anche il maestro di Neumeier, John Cranko, ci provò con The Lady of the Fools nel 1953, ed è in suo onore che l’allievo iniziò a lavorare sulla tragica storia della cortigiana Marguerite Gautier e del suo amante Armand Duval.Il balletto ha toccato in tournée tutti i più prestigiosi teatri del mondo e, dopo Pechino e Singapore, arriva ora a Venezia. La trama, ripresa da Alexandre Dumas figlio, è da tutti conosciuta, ma vi saranno delle sorprese. La danza è danza, fantasia; la narrazione resiste, però tocca allo spettatore estrapolarla con la propria sensibilità.Personalmente ho avuto la fortuna di assistere alla rappresentazione del 2018 al Teatro Mariinskij: mi colpirono le scelte delle musiche, prevalentemente Chopin suonato dal vivo. Le sonate, i valzer e i vari preludi possiedono la magia di creare una ‘pittura’ sonora della melanconia francese che pervade l’opera. Ricordo anche la sorpresa scenica dell’uso dello specchio per simulare l’incontro tra Marguerite e Manon Lescaut. Tra le novità, Neumeier rende evento fondamentale del racconto il regalo di Armand a Marguerite, ovvero il libro Manon Lescaut. È infatti a teatro ad assistere alla Manon (metateatro) che i due amanti si conoscono e i pensieri e i destini della prima coppia si rispecchiano e si contrappongono a quelli di Lescaut e del cavalier Des Grieux. Il padre di Armand dice: «Chi ama una Manon rischia di diventare un De Grieux», al che Margherita risponde: «Chi ama una donna non la può trattare come Manon».