Un progetto a cura di Quarta Parete, con la collaborazione di Teatro Ca’ Foscari che cerca di stimolare dibattiti tramite la visione collettiva di sei opere cinematografiche che, spaziando tra generi, stili ed epoche storiche, a vario modo tematizzano il rapporto tra lo spazio urbano e i corpi che lo abitano. Il viaggio cinematografico è iniziato il 9 marzo da una delle città cinematografiche per eccellenza, New York, che a seconda delle prospettive si fa ora rappresentazione romantica alla metropoli che impersonifica l’alienazione e le effimere relazioni contemporanee (Manhattan, 1979), ora luogo liminale del proibito, del grottesco e dell’erotismo (After Hours, 1985, 16 marzo, Teatro Ca’ Foscari, h. 19), ora vivida trincea di rivendicazioni e scontri identitari (Do the Right Thing, 1989, 30 marzo, CFZ Zattere h. 19).
Dopo una pausa ad aprile il programma prosegue poi tra maggio e giugno con L’amore in città (11 maggio, CFZ Zattere h. 19), Dark Passage (25 maggio, CFZ Zattere h. 19) e Cabaret (8 giugno, Teatro Ca’ Foscari h. 19). L’amore in città, esperimento dai tratti neorealisti presentato al pubblico come se fosse un cinegiornale intitolato “Lo Spettatore”, ritrae vari aspetti della società italiana del tempo, posando l’attenzione in particolare sulle relazioni affettive e interpersonali. Prodotto da Marco Ferreri, ideato e supervisionato da C. Zavattini, più che un film a episodi è, o voleva essere, un’inchiesta giornalistica filmata in 6 parti. C’è l’inchiesta vera e propria (L’amore che si paga di Lizzani, Tentato suicidio di Antonioni), il pezzo di colore (Paradiso per quattro ore di Risi, girato in una balera), l’aneddoto di cronaca bianca (Agenzia matrimoniale di Fellini, che però lo inventò, facendolo passare per cinema-verità), il servizio di cronaca nera (Storia di Caterina di Maselli-Zavattini), il corsivo di costume (Gli italiani si voltano di Lattuada).
A fare da minimo comune denominatore a questa serie di episodi è la Roma dei primi anni Cinquanta. Bar del centro, balere e trattorie, vecchi palazzi popolari e periferie in espansione fungevano da teatro sociologico utile ad analizzare e denunciare le nuove e vecchie forme di relazioni che si potevano osservare nella capitale.