Per questo lavoro commissionato dalla Biennale al musicista austriaco formatosi a Vienna, Stoccolma, Roma e Berlino, ci troviamo di fronte all’affiancamento di differenti ‘macchine sonore’: da un lato l’organo del Conservatorio Benedetto Marcello, composto a sua volta da due organi a trasmissione meccanica capaci di modulazioni originali, derivate dalla possibilità di inserire gradualmente i registri e regolare il passaggio dell’aria; dall’altro l’elettronica, con l’ampio ventaglio di possibilità annesse al campionamento e alla digitalizzazione del suono nello spazio. Mitterer agisce su meccanica ed elettronica portando alle conseguenze estreme un’improvvisazione sempre ispirata, in cui nessun suono ha uno spartito preciso da seguire fedelmente ma che può permettersi di spaziare attraverso canali multipli per raggiungere il pubblico e coinvolgerlo in un percorso artistico individuale, fugace ma condivisibile.