Ci si può perdere e ritrovare nella Venezia onirica, surreale, extra-ordinaria per colori e atmosfere di Davide Battistin (Venezia, 1970), che è divenuto cantore ricercatissimo di una città evanescente quanto profondamente reale nel sentire dei veneziani. Con Genesis, all’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti fino al 18 febbraio, Battistin fa un passo ulteriore e guarda alle origini, alle acque paludose e agli isolotti a pelo d’acqua da cui i veneziani vollero “lanciarsi alla conquista del mondo”, perché è “nella straordinarietà della sua genesi” che risiede la forza immaginifica di questa città. L’artista «mai intimorito dal peso potenzialmente opprimente delle infinite descrizioni visive di Venezia – osservava Ian Warrell, estrae dunque con la sua pittura – l’essenza stessa della materia di cui è fatta Venezia» e mostra nella luce e nel colore la «quintessenza della scintilla creativa di un popolo che illuminò l’umanità per un millennio»; eppure inevitabile appare un senso di profonda inquietudine.