Allievo di Emilio Vedova all’Accademia di Belle Arti di Venezia, oggi tra i più influenti body-artist del panorama italiano contemporaneo, Giovanni Morbin (Valdagno, Vicenza, 1956) è protagnoista della mostra a cura di Daniele Capra, Campo di Ricerca, alla Fondazione Bevilacqua La Masa, nella sede di Palazzetto Tito.
Il progetto è costituito da una trentina di lavori realizzati a partire dalla fine degli anni Ottanta, da nuove opere realizzate in site-specific per gli spazi della Fondazione e performance immaginate per la città lagunare. A partire dall’approccio libero e anticonformista dell’artista, la mostra analizza l’ampiezza dei campi di ricerca di Morbin, la cui pratica spazia dall’azione a opere di natura oggettuale. La mostra mette in luce i cambiamenti e le smagliature del tessuto dell’ordinario attraverso opere come Materia cedevole al tatto, che registra la modificazione plastica del corpo dell’artista in seguito a un incidente, oppure After Szeemann, aspirapolvere che è stato impiegato nello studio del celebre curatore svizzero spesso scambiato dal pubblico come un oggetto abbandonato nello spazio espositivo.
Lavori inediti come Manomissore, un volume in cemento osseo che rappresenta lo spazio vuoto tra le mani dell’artista, testimoniano invece l’interesse verso la postura e le abitudini comportamentali, mentre la serie dei Ritratti cambia l’idea di somiglianza, basandosi non tanto sulle qualità fisiognomiche del soggetto, ma sull’impiego del suo tessuto ematico. Tra le opere in mostra realizzate per Venezia spiccano anche i Bianchi, dei dipinti realizzati strappando l’intonaco nello spazio espositivo (con le modalità tipiche del restauro), che rappresentano a tutti gli effetti il capovolgimento dell’attività pittorica.