Visioni veneziane tra regate, campielli animati di gente, ponti di barche montati di anno in anno, “campassi erbosi” e calli: Italico Brass tra Otto e Novecento apre alla modernità e alle suggestioni della pittura impressionista, per raccontare una Venezia inedita, viva, pulsante, popolare, a tratti sorprendente «con l’occhio e il gusto di un uomo d’arte capace di innumerevoli ‘variazioni sul tema’, per una lettura sempre mutevole e inedita grazie al suo magico utilizzo dei colori, della luce, dell’acqua e dei cieli, di cui è scrutatore inesausto e geniale».
Nelle sale di Palazzo Loredan, curata da Giandomenico Romanelli e Pascaline Vatin e promossa da Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti di Venezia e lineadacqua, va in scena la prima grande mostra veneziana dedicata a Italico Brass (Gorizia 1870–Venezia 1943), la riscoperta di un affascinante pittore acclamato in vita e nel dopoguerra e quasi dimenticato per oltre sessant’anni. Apparso sulla scena chioggiotta e veneziana nel 1895, di ritorno da Parigi, Brass si impose subito come un protagonista. Presente alla Biennale fin dalla sua prima edizione, la sua fu una partecipazione costante e molto apprezzata, tanto da meritargli quella qualifica di “Pittore di Venezia” che già a Parigi lo aveva contraddistinto. Brass chiuse un’epoca e ne aprì un’altra, assolutamente inedita, condividendo gli stimoli e la poetica degli impressionisti e facendo della città lagunare la sua città d’elezione e il soggetto prediletto, rivelando una pittura in piena sintonia con una società in profondo e talvolta tumultuoso rinnovamento.