Opere di Bellini, Tiziano, Tintoretto, Bassano, «nove quadri cavati da Paolo Veronese riportati in lana» e soprattutto il «ritratto in piedi con armatura di fero del Carpacio» (ora a Madrid, Collezione Thyssen-Bornemisza) erano tra i capolavori attestati – più di 97 di pregio e 37 opere minori – nella dimora di Santa Fosca della nobildonna veneziana Marina Nani Donà (1711–1790), che a sua volta aveva ereditato dall’ingente patrimonio della Famiglia Nani, proveniente dal leggendario Palazzo Barbaro a Sant’Eufemia, alla Giudecca. Alla morte della nobildonna il patrimonio fu lasciato in donazione al “Pio Loco” delle Penitenti di San Giobbe (ora IPAV), ma venne in gran parte disperso dopo la caduta della Serenissima. Tuttavia ora una bella mostra a Palazzo Contarini del Bovolo riunisce parte di questa collezione – 28 furono i dipinti salvati –, svelandone l’affascinante storia.
Spicca in mostra il Ritratto della nobildonna Marina Nani Donà, di pittore ignoto, raffigurata con una veste per metà di un rosso acceso e per metà di un azzurro intenso, mentre tiene in mano un campanello che prende da un tavolino accanto a lei, dov’è appoggiata una clessidra con le ali: oggetti che alludono all’inesorabile trascorrere del tempo. Alla Collezione Nani appartiene anche una serie di sei tele di soggetto biblico di Carl Loth, Giovanni Antonio Fumiani, Gregorio Lazzarini, Sebastiano Ricci e Gaetano Zompini, ora in mostra, certamente destinate all’arredo di un unico ambiente di Palazzo Barbaro Nani. I dipinti presentano un’evidente, voluta uniformità nella scelta dei temi e nel loro svolgimento quanto a taglio compositivo, per lo più a tre quarti di figura, a una generale classicità d’impostazione scenica, all’affinità degli effetti drammatici.