80 anni nel cuore del futuro

Jim O'Rourke al Centro d'Arte di Padova il 7 e 8 febbraio
di Massimo Bran

Per gli ottant’anni, lo storico centro culturale si regala il progetto speciale di Jim O’Rourke.

80 anni ed è sempre domani. Come altrimenti definire un autentico epicentro dei linguaggi musicali contemporanei che a una cotale, veneranda età ancora e più che mai si trova a scandagliare le frontiere mobili, eternamente in divenire dell’avanguardia musicale con un’energia da primissima giovinezza? Un genetliaco, questo delle rotondissime 80 primavere, che il Centro d’Arte di Padova non poteva certo bagnare con delle canoniche, per quanto sempre doc, bolle d’autore privandoci di qualche sorprendente variazione tematica nel proprio format stagionale. Ecco allora una prima parte di stagione concepita come una serie di brevi, intensissimi festival, condensando in ciascuno di essi esperienze musicali internazionali affini e complementari. Il primo segmento si è appena consumato a cavallo dei primi due mesi dell’anno, precisamente il 31 gennaio e l’1 febbraio, ed ha visto protagonista l’80enne, guarda un po’ le coincidenze, immarcescibile Akira Sakata, figura iconica del free jazz internazionale e uno degli artisti più innovativi emersi dalla scena giapponese degli anni ’70. In ben due set si è esibito il Nostro nella serata inaugurale: il primo a fianco del pianista jazz d’avanguardia Giovanni Di Domenico, in una performance di intensa rarefazione, caratterizzata da melodie a tratti folgoranti e da frammenti teatrali di rara tensione emotiva, grazie al caratteristico recitato di Sakata sospeso tra lirismo e imprevedibilità; il secondo accompagnato da un ensemble composto da alcuni tra i migliori jazzisti contemporanei italiani (Bittolo Bon, Pacorig, Dallaporta, Grillini) in una performance di travolgente improvvisazione. Nella serata successiva altro concerto a dir poco coinvolgente dei Bonjintan, gruppo formato nel 2017 da Sakata insieme a Jim O’Rourke (chitarra elettrica), Giovanni Di Domenico (piano) e Tatsuhisa Yamamoto (batteria), a cui si è aggiunto il contrabbassista Darin Gray. Un universo sonoro che spazia dalle cavalcate free al jazz modale anni ’60, fino a composizioni dal gusto cameristico ed evocativi paesaggi sonori ispirati alla tradizione giapponese. Jim O’Rourke sarà invece il protagonista assoluto del secondo segmento di questa sequenza di minifestival il 7 e l’8 di questo mese.

Che dire del buon Jim ancora, se non almeno ribadire che come quasi nessun altro in questi ultimi trent’anni è stato capace di attraversare obliquamente tutti, o quasi, i linguaggi sonici contemporanei, dando del tu a rock, pop, jazz, noise, improvvisazione libera e composizione elettroacustica, musica per il cinema e sperimentazione elettronica, il tutto con una disinvoltura poliedrica davvero stupefacente. Chitarrista, bassista, cantante, esperto sperimentatore elettronico e produttore tra i più ricercati, ha segnato alcuni dei capitoli più seminali dell’indie internazionale, fondando nel 1993 i Gastr del Sol e militando niente di meno che nei Sonic Youth tra il 1999 e il 2005. In alcuni suoi dischi solisti ha saputo ridefinire i confini estetici del rock e del pop, in altri invece si è abbondonato alla sperimentazione più aperta e libera. Nel cinema ha collaborato tra gli altri con Herzog e Assayas, lavorando poi come produttore con artisti di primissimo piano della scena indie quali Wilco, Stereolab, Beth Orton, Joanna Newsom. Al Centro d’Arte, in esclusiva europea, O’Rourke sarà protagonista di un nuovo progetto presentato in due distinti set. Il 7 all’Auditorium Pollini, affiancato dalla tromba di Flavio Zanuttini, presenterà due composizioni: Shutting Down Here (2020), versione multicanale per live electronics, e Most, But Potentially All (2024), versione multicanale per tromba e live electronics. La prima illustra compiutamente le poliedriche trame che connotano l’universo sonoro di O’Rourke, fatto di terse filigrane melodiche ed enigmatiche astrazioni, tra frammenti strumentali e field recordings, musica concreta e manipolazioni elettroniche. Nella seconda, invece, O’Rourke utilizza il sistema Kyma per dialogare con la tromba, smontata e ricombinata in tempo reale e riproposta in infinite variazioni, fino a disegnare un suggestivo affresco sonoro che coniuga la precisione della scrittura con l’imprevedibilità dell’invenzione istantanea. L’8, alla Sala dei Giganti, il musicista americano oramai di stanza in Giappone si esibirà per la prima volta in Europa con il trio Kafka’s Ibiki, gruppo da lui formato nel 2013 insieme a Eiko Ishibashi e Tatsuhisa Yamamoto, impegnato nell’esplorazione di quel territorio di confine che attraversa jazz, free music e minimalismo. Nel corso della serata il gruppo presenterà due set dalle caratteristiche ben distinte: il primo sarà incentrato sull’improvvisazione libera, il secondo vedrà invece gli stessi musicisti in veste di interpreti di una nuova composizione elettroacustica di O’Rourke scritta appositamente per l’occasione. Quando dire che l’occasione è imperdibile rimane l’unica cosa sensata da dire…

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