Largo al Factotum

Il Barbiere di Siviglia fa ritorno alla Fenice
di Andrea Oddone Martin

L’intreccio, la comicità, la verve musicale, la celebrazione dell’astuzia di Figaro vanno in scena dall’11 febbraio alla Fenice, dirige l’orchestra Renato Palumbo per la regia di Bepi Morassi.

È stato un anno piuttosto interessante, il 1816. Con prontezza astuta, Johann Nepomuk Mälzel batte “sul tempo” Dietrich Nikolaus Winkel e brevetta a proprio nome l’invenzione di Winkel: il metronomo. Uno dei primi compositori ad usare il marchingegno per segnare il tempo è Ludwig van Beethoven. Nel 1816, Beethoven compone l’Op. 101, la prima delle cinque Sonate pianistiche che sconvolgeranno il linguaggio musicale proiettandolo nella modernità.
Ad esempio, quando Richard Wagner ebbe modo di ascoltare la Sonata Op. 101 eseguita dal suocero Franz Liszt, vi scorse l’ideale di quella “melodia infinita” cui aveva sempre anelato nella sua opera.
Nel 1816, il fisico inglese David Brewster inventa il caleidoscopio. Il 20 febbraio del 1816, presso il Teatro Argentina di Roma va in scena la prima dell’opera più brillante e caleidoscopica dell’epoca: Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini. Al tempo, numerose opere erano già state realizzate sul libretto di Beaumachais. Per rispetto all’opera precedente del maestro Giovanni Paisiello (del 1782), Rossini modificò il titolo in Almaviva, o sia l’inutile precauzione. Precauzione inutile, una claque sostenitrice del vecchio maestro Paisiello fece della prima un fiasco. Ma fin già dalla prima replica, Il barbiere di Siviglia di Rossini riscosse il meritato e duraturo successo, guadagnandosi lo status di miglior opera comica.
L’intreccio, la comicità, la verve musicale, la celebrazione dell’astuzia di Figaro va in scena dall’11 febbraio alla Fenice, dirige l’orchestra Renato Palumbo per la regia di Bepi Morassi.

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