La follia merita i suoi applausi

La poetica indagine sulla ragione di Belova/Iacobelli
di Loris Casadei

Natacha Belova e Tita Icobelli presentano la loro specialissima arte dei burattini che in Loco fa interagire corpo artificiale e corpo organico.

Loco, lo spettacolo che la compagnia Belova/Iacobelli porta in scena per Biennale Teatro, è tratto da Le memorie di un pazzo, racconto breve di Gogol. La storia è semplice e si svolge nel giro di pochi giorni sotto forma di diario. Il protagonista è un impiegato di basso rango, ma convinto di essere invidiato perché sta «nel gabinetto del direttore e taglio le penne per Sua Eccellenza». Incontra la bella figlia del suo superiore, che «scende dalla carrozza al pari di un uccellino… le lampeggiano le ciglia e gli occhi, lo sguardo al pari d’un sole, la voce da canarino, la bocca da zucchero», e se ne innamora. Ruba con un sotterfugio alcune lettere, dalle quali trae tuttavia la convinzione di non poter nulla sperare. Nel frattempo, preoccupato che una donna possa salire sul trono di Spagna, “illuminato da un lampo” si immagina di autoproclamarsi re di Spagna. Tenterà un nuovo approccio con la donna desiderata, uscendone con il pensiero che le femmine siano figlie del demonio. Ovviamente finirà in una casa di cura, rimanendo fermamente convinto dell’idea di essere stato incarcerato dal Grande Inquisitore.


Gogol, grande scrittore sulle illusioni umane, sui tenui legami che ancorano l’individuo alla realtà, viene ripreso dalla burattinaia e regista Natacha Belova e dall’attrice Tita Iacobelli attraverso questa intrigante messa in scena, Loco, che in spagnolo significa, per l’appunto, “pazzo”. In un’intervista Belova ha rivelato che il padre in passato interpretò proprio questo ruolo. Lunga tradizione ha la marionetta nel teatro, forse la stessa parola nasce da “Marionette”, le piccole figure della Vergine Maria impiegate nei rituali teatrali del Medioevo. È italiano il primo teatro di figure, ne abbiamo traccia già dal 1573. A riguardo gli studiosi di teatro citeranno subito il nome di Gordon Craig e della sua teoria della Supermarionetta.
Massimo strumento espressionista, la marionetta rappresenta una sfida per Natacha Belova. Nata in Russia nel 1969, si trasferisce poi in Belgio nel 1995. Inizia la sua carriera teatrale come costumista e scenografa, sulla scia del padre a sua volta regista e attore teatrale. Poi la specializzazione nella produzione artistica di marionette, alle quali dà vita in qualità di attrice. È un’artista plastica che cerca di infondere nelle sue creazioni i caratteri dei personaggi che sono chiamate ad interpretare con lei stessa al proprio fianco, in modalità doppia recitazione.
Tita Iacobelli è invece cilena e proviene da una forte esperienza collaborativa con il drammaturgo e regista Jaime Lorca, noto per il suo lavoro nel teatro politico (in Italia nel 2011 ha girato Chef, atto d’accusa del consumismo). Poi l’incontro con Natacha Belova e la decisione di lavorare insieme stabilmente nel 2015. Tra i loro lavori di forte impatto Chayka, liberamente tratto da Il Gabbiano di Cechov, e Sisypholia, performance di strada, che normalmente viene tenuta nelle ore di punta il sabato nei grandi centri commerciali o nelle vie dello shopping. Viene qui ripreso il mito greco di Sisifo, come è noto impegnato nelle provanti fatiche di riportare un masso in cima a una montagna, il quale ineluttabilmente a ogni tentativo scivola sempre alla base del monte. Un movimento lento e ripetuto che contrasta con il passo frenetico dei consumatori in cerca di acquisti. Una garbata ma precisa, profonda offerta di riflessione.

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