Eterna seduzione

Arturo Cirillo affronta il mitico fascino del Don Giovanni
di Loris Casadei
Arturo Cirillo Don Giovanni

Dal genio di Mozart alla visione di Arturo Cirillo, il personaggio di Don Giovanni continua a sedurre e inquietare. Al Teatro Goldoni, una nuova rilettura che unisce leggerezza e profondità, tra ironia, ambiguità e un finale sorprendente.

Accreditato come prima fonte autorevole per il personaggio di Don Giovanni è Tirso da Molina, che scrisse nel 1616 El burlador de Sevilla y convidado de piedra. Ricordiamo che da Molina era un frate dell’ordine de la Merced, ma, almeno a quei tempi, i frati erano un poco gaudenti.
È tuttavia in Molière che il nostro Don Giovanni trova una nuova dimensione. La prima rappresentazione avvenne nel 1665 al Palais Royal e destò grande scandalo. Da notare che il protagonista, seppur libertino, scettico e disincantato, non commette alcun delitto: in scena non uccide nessuno, non violenta alcuna donna e, se corteggia, si rivolge a contadine avvezze ai suoi modi. Vi si percepisce l’influenza della Commedia dell’Arte: donne sedotte, personaggi scaltri, mariti beffati… Celebre la battuta finale di Sganarello, il servitore, che, di fronte alla tragedia che si compie, si preoccupa solo della sua paga: «Mes gages! Mes gages!». Non mancano però temi profondi, come l’identità e l’alterità, l’atteggiamento verso la morte e una diversa concezione del tempo.

don giovanni
Don Giovanni ph. Tommaso Le Pera

È solo con Mozart che Don Giovanni diventa un seduttore senza rimorsi. Il compositore modifica ampiamente il libretto di Da Ponte, che aveva cercato di eliminare ogni scabrosità, arricchendo il testo con magnifiche ambiguità e chiaroscuri che rendono l’opera così affascinante. Mozart scriveva al padre: «I poeti sembrano dei trombettisti con i loro virtuosismi. Se noi compositori volessimo così puntualmente seguire le loro regole, la musica che scriveremmo varrebbe poco quanto il loro libretto».
Oggi possiamo ascoltare la magnifica Overture, che anticipa sia la potenza dell’oltretomba del Commendatore sia la demonica vitalità di Don Giovanni.

Arturo Cirillo nasce con la danza, e la leggerezza dei suoi movimenti si nota. Formatosi alla scuola di Carlo Cecchi, dove ha lavorato per quasi dieci anni come attore, è poi diventato regista teatrale. Da tempo interpreta e dirige opere di Molière (Le intellettuali, L’avaro, La scuola delle mogli), ma anche di Feydeau e Pirandello. Sue anche pregiate regie liriche.
Nello spettacolo, in scena a gennaio al Teatro Goldoni, Cirillo riprende una dimensione gioiosa, ma senza lazzi o chiassi. I personaggi entrano in scena silenziosamente dalla platea, anticipando un Don Giovanni più avvezzo all’ombra che alla luce. Infatti, il protagonista morirà quasi tranquillamente, seduto su una sedia, senza fuochi né tuoni.

Don Giovanni ph. Tommaso Le Pera

Una scenografia palladiana, con una grande scala marmorea e colori di fiori e frutta ovunque, rende la pièce ancor più originale e piacevole. Come in altre regie di Cirillo, tutto è presente e visibile: la finzione teatrale è esposta e il travestimento diventa un’alternanza tra il falso e il vero.
«Questa è anche la storia di chi non vuole o non può fare a meno di giocare, recitare, sedurre senza fine, ogni volta dal principio, fino a morirne», dichiara il regista. In un’intervista, Arturo Cirillo ha affermato: «Vorrei fare un teatro dell’irrequietezza». Obiettivo centrato.

Colpo di scena - Stagione 2024/25

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