Stefano Massini si immerge nel magma freudiano e torna sul palco in prima persona portando in una nuova veste il suo decennale lavoro su L’interpretazione dei sogni.
Stefano Massini è lo scrittore italiano vivente più rappresentato sui palcoscenici internazionali, e il primo ad aver vinto un Tony Award, l’Oscar del teatro. Dopo l’immenso successo del suo Lehman Trilogy, che continua ad essere messo in scena in giro per il mondo – e di molte altre scritture teatrali che abbiamo visto in questi anni proprio nel circuito dello Stabile del Veneto, come 7 minuti, Occident Express o Eichmann. Dove inizia la notte –, Massini torna sul palco in prima persona portando in una nuova veste il suo decennale lavoro su L’interpretazione dei sogni, una riflessione più matura e profonda rispetto al romanzo di successo e allo spettacolo da esso tratto, portato in scena da Fabrizio Gifuni qualche anno fa.
In scena dal primo al centesimo minuto, Massini mette la sua trascinante forza narrativa al servizio di uno spettacolo liberamente ispirato e tratto dagli scritti del padre della psicanalisi, portando sul palco la storia, le fasi attraversate da Freud per arrivare a elaborare la sua teoria: non folgorazione momentanea, bensì un lungo percorso fatto di incontri, come quelli con il politico o la cameriera di casa.
Il parallelismo tra sogno e teatro permea l’intero spettacolo: è evidente fin da quel titolo originario del volume freudiano che alludeva a una vera e propria “drammaturgia onirica”, e nello stesso modo in cui il teatro viene spesso bistrattato perché relegato nell’ambito del superfluo, così accadde anche a Freud agli inizi, messo alla berlina per una cosa che poi si è rivelata fondamentale. E poi, ci dice Massini «Il teatro, se non altro nelle sue vette più alte, è sempre un po’ una seduta psicanalitica camuffata». Lo spettacolo si regge sul continuo confondersi di diverse voci narranti: Massini è il narratore esterno, è Freud stesso che prende la parola e poi è un terzo livello, intermittente come un baluginare, quando l’Io irrompe e il parlare è in prima persona, «Io, Stefano».
In scena, fra le note di Enrico Fink, prende così forma un variopinto mosaico di personaggi che, narrando i propri sogni, compongono una sinfonia di possibili interpretazioni in cui lo stesso pubblico si riconosce e si ritrova. Dove andiamo quando sogniamo? Che cosa cerchiamo di dire a noi stessi in quello spazio sospeso? Perché sogniamo? Con quali regole si procede, nel fantasmagorico teatro del Sogno? Massini fa di Freud l’Omero dell’anima, e dell’Interpretazione dei sogni il racconto dell’uomo.