Il diritto di contraddirmi

Elio canta Jannacci, genio contemporaneo
di Davide Carbone

Al Toniolo di Mestre Elio porta in scena uno spettacolo su un libero pensatore come ce ne sono stati pochi, in musica e non.

L’Italia è quel Paese in cui cantanti e poeti non riescono quasi mai ad essere presi sul serio. E invece spesso sono personalità straripanti, capaci di esprimere concetti sacrosanti e che nessun politico di turno ha il coraggio di fare propri se non per la durata di campagne elettorali al vetriolo, attraversate saltando con scioltezza da un taxi all’altro, perorando cause ad orologeria. Enzo Jannacci è stato il simbolo di una città e di un’epoca, quella Milano che negli anni ‘50 si nutriva di rock’n’roll a stelle e strisce, quella città con gruppi musicali che scimmiottavano le leggende d’Oltreoceano guardando a Elvis e Chuck Berry. Cantante, musicista e medico cardiologo (non a tempo perso, ma con studi alla Columbia University e volato in Sudafrica per unirsi all’equipe di Christiaan Barnard, primo al mondo ad effettuare un trapianto cardiaco), dello spettacolo Ci vuole orecchio è protagonista indiscusso grazie a un’altra personalità che della faciloneria apparente ha fatto manifesto, come Stefano Belisari, in arte Elio e frontman degli Elio e le Storie Tese. Uno spettacolo che arriva al Toniolo il 13 e 14 marzo prossimi e che non vuole farsi omaggio, quanto piuttosto impegnarsi a restituire al pubblico lo spirito che negli anni di attività portò avanti Jannacci, precorrendo sentieri e tematiche talmente in anticipo sui tempi da non essere sempre debitamente colte da pubblico e critica. «Se cominciate a capirmi, ditemelo: vuol dire che sto uscendo dal personaggio»: ambiguo e diretto come solo i geni riescono ad essere, ascoltare adesso suoi interventi, monologhi o canzoni rende il tempo un concetto sempre più relativo. Una lucidità di pensiero come quella di Enzo Jannacci è attuale sempre, c’è da augurarsi che lo rimanga il più possibile, stando ben lontani dal rischio costante di perdere la bussola, in questi tempi disorientati e disorientanti.

Dal rapporto fraterno con Giorgio Gaber, compagno sul palcoscenico e amico di ventura e di sventura come Jannacci sempre attento agli ‘ultimi’, all’epoca del Derby Club di Milano, non semplicemente fucina di comici ma humus fertile dell’ambiente meneghino in cui il nostro entra in contatto con personalità come Dario Fo, Cochi & Renato, come lui in dannato anticipo sui tempi ma per fortuna capaci di condividere pezzi di percorso da tramandare ai posteri. «Nello spettacolo – spiega Elio – non racconteremo lo Jannacci più ironico o quello più malinconico, ma cercheremo di raccontarlo nel complesso. Non esiste nulla di scritto da lui, quindi ci faremo aiutare dalle parole di personaggi del suo giro, come Dario Fo, Umberto Eco, Michele Serra. Ci saranno anche tre scritti miei e ovviamente le canzoni: scelte non necessariamente fra quelle più famose, ma funzionali a raccontare il suo percorso». Sul palco, nella coloratissima scenografia disegnata da Giorgio Gallione, troveremo assieme a Elio cinque musicisti, stravaganti compagni di viaggio, che formeranno un’insolita e bizzarra carovana sonora: Alberto Tafuri al pianoforte, Martino Malacrida alla batteria, Pietro Martinelli al basso e contrabbasso, Sophia Tomelleri al sassofono, Giulio Tullio al trombone. A loro toccherà il compito di accompagnare lo scoppiettante confronto tra due saltimbanchi della musica alle prese con un repertorio umano e musicale sconfinato e irripetibile, arricchito da scritti e pensieri di compagni di strada, reali o ideali.

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