Un ritorno alle origini per Dafoe, attore nato e formato nel teatro prima di intraprendere una carriera ciematografica memorabile.
La notizia della nomina di Willem Dafoe a nuovo direttore artistico di Biennale Teatro per il 2025 e il 2026, è stata accompagnata da alcune dichiarazioni dello stesso artista, oneste ed illuminanti. Dafoe ha ammesso di essere perfettamente consapevole di dovere la sua notorietà al cinema, e non al teatro, ma di essere nato in teatro, di essere stato «formato e scosso dal teatro», e di sentirsi un “animale da palcoscenico”. In effetti, avremmo subito dopo scoperto che Dafoe già a 22 anni, nel 1977, è stato tra i fondatori del Wooster Group, compagnia di teatro sperimentale estremo con sede a New York. Ma prima ancora, a 19 anni, era entrato nel gruppo d’avanguardia Theatre X, che allora si ispirava al Living Theatre e a Grotowski. Quanto all’attore, quello che colpisce nella filmografia di Dafoe è la sua estrema duttilità, la flessibilità con cui interpreta ruoli così diversi in film così diversi, come, poniamo, Siberia di Abel Ferrara e, l’anno dopo, The French Dispatch di Wes Anderson. E i grandi registi si innamorano spesso di Dafoe, di quel suo equilibrio corporeo, di quel volto scavato e di quel corpo glabro e nervoso: Paul Schrader, Abel Ferrara, Sam Raimi con la saga di Spider Man, Lars von Trier, Wes Anderson e, da ultimo, Yorgos Lanthimos.
La scelta di Dafoe come direttore di Biennale Teatro è forte ed insieme rassicurante, all’interno di un percorso di rafforzamento delle discipline di minore impatto mediatico della Biennale. È certo che Dafoe metterà in questo suo nuovo ruolo tutto l’impegno e la serietà professionale che l’hanno sempre contraddistinto come attore. È possibile che, sotto la sua la direzione, assisteremo verosimilmente a programmi orientati ad un “teatro del corpo”, di genere performativo, lontano dalle grandi meta-narrazioni, perché a queste sorgenti l’artista si abbeverò nella fase della sua formazione. È auspicabile che una quota cospicua dell’impegno progettuale ed organizzativo venga orientata alla realizzazione di qualche evento ad alta visibilità, senza nulla togliere alla missione di Biennale di fare scouting e promozione dei soggetti artistici più innovativi e creativi. Dopotutto, l’anno scorso, per Biennale Musica arrivò Brian Eno e per due serate la Fenice fece sold out.