Apre al pubblico dopo cinque secoli l’Orto Giardino del Redentore alla Giudecca, grazie a un’azione di ricerca e recupero del suo patrimonio storico e botanico, svelando la bellezza della semplicità di questo luogo magico e sospeso.
Il compendio è ora un luogo di frugale e equilibrata bellezza, ricco di dettagli botanici e di atmosfere rigogliose, ma privo di compiacimenti e di retoriche
Paolo Pejrone
Un organismo vivente in continua crescita e trasformazione, una bellezza pura offerta dalla natura che segue le stagioni, un’oasi unica dove il tempo e lo spazio sembrano sospesi. I Giardini Reali di San Marco, luogo a cui siamo particolarmente affezionati, sono un monumento restituito a Venezia nel 2019 dopo un lungo e impegnativo restauro condotto e realizzato da Venice Gardens Foundation. La Fondazione, ma soprattutto la sua presidente, Adele Re Rebaudengo, nella costituzione dell’idea di promuovere un’azione di ricerca e recupero di un patrimonio storico e botanico di grande rilievo in città ha usato la parola “Gardens”, optando per il plurale quindi, così sottintendendo la volontà di una missione di restituzione sistemica. E così è stato.
Forte dell’esperienza dei Giardini Reali, Adele Re Rebaudengo ha intrapreso una nuova sfida, durissima e affascinante, andando letteralmente a “scovare” un luogo unico di profonda valenza simbolica e spirituale: il Compendio del Giardino del Convento della Chiesa palladiana del Santissimo Redentore alla Giudecca, circa un ettaro dal canale della Giudecca fino alla Laguna retrostante. Il restauro conservativo e filologico, condotto secondo un rigoroso metodo scientifico e storico, con una particolare attenzione alla cultura botanica sviluppatasi nei secoli, ha rispettato l’originaria sacralità del luogo rendendo possibile un’attenta fruizione di questo meraviglioso spazio verde d’intesa con i padri cappuccini. Venice Gardens Foundation e i Frati Minori Cappuccini il 26 ottobre scorso hanno con orgoglio inaugurato l’Orto Giardino del Redentore, svelando per la prima volta dopo cinque secoli la bellezza della semplicità di questo luogo magico e sospeso, espressione profonda dei secolari principi francescani.
Dopo il successo dei Giardini Reali, la sua costante ricerca di valorizzazione degli spazi verdi monumentali a Venezia continua. Quale senso assume questa nuova “impresa”?
Per Venice Gardens Foundation restaurare un giardino, e in questo caso un orto-giardino, significa impegnarsi non solo nel restauro e nella conservazione di un patrimonio storico, artistico e culturale, ma anche e soprattutto di quello botanico e paesaggistico. Significa riconoscere il ruolo fondamentale che questi luoghi possono avere all’interno del tessuto sociale e comunitario di una città, soprattutto in una città speciale come Venezia, con tutte le sue bellezze e criticità. Restaurare un giardino rappresenta anche un modo per favorire una connessione profonda con la natura, basata su affinità, armonia e rispetto. Seguendo con convinzione questi principi e ideali la Fondazione ha iniziato la sua attività in laguna restaurando i Giardini Reali, ricevuti in concessione dall’Agenzia del Demanio e dalla Città; giardini che oggi continua a curare e conservare e che vede crescere rigogliosamente di giorno in giorno. Cinque anni fa abbiamo poi deciso di estendere la nostra missione di mecenatismo all’Orto Giardino del Convento della Chiesa del Santissimo Redentore, un luogo storico, simbolico, alta espressione della spiritualità cappuccina, che abbiamo inaugurato il 26 ottobre 2024, dopo poco più di tre anni di duro lavoro.
Vorrei sottolineare che il progetto non si esaurisce nel restauro, ma prosegue con la fase fondamentale della conservazione e del mantenimento. Questa responsabilità è affidata ai giardinieri della Fondazione, diretti dal capo giardiniere Edoardo Bodi, che applicano programmi di manutenzione e gestione specifici basati sulla fusione di antiche conoscenze e nuove tecniche, sempre ancorate ai principi di sostenibilità nel pieno rispetto della natura, dell’ecosistema e della biodiversità. Ciò include la coltivazione biologica, escludendo l’uso di sostanze chimiche di sintesi, e l’adozione di pratiche naturali per la cura del terreno, in modo tale da favorire la resistenza delle piante attraverso la gestione della fertilità del suolo, un aspetto che riteniamo essenziale in questo lavoro e che troppo spesso viene trascurato.
Prestiamo molta attenzione anche al risparmio delle risorse naturali, dando grande valore al riuso, al riciclo e alla valorizzazione di tutti gli elementi esistenti. Ogni cosa trovata nell’Orto Giardino del Redentore è stata conservata e riutilizzata, a volte cambiandone il senso o l’uso originale. I masegni, ad esempio, sono stati ripuliti dal cemento e utilizzati come cordoli per delimitare i quadrati dell’orto. Abbiamo scelto di non lastricare i camminamenti, preferendo un materiale drenante per conservare l’acqua. L’autosufficienza idrica è un principio fondamentale del progetto: infatti non siamo collegati all’acquedotto, risolvendo l’approvvigionamento idrico scavando un pozzo profondo 120 metri. L’acqua estratta in falda, molto fredda, viene accumulata in vasche di decantazione dove raggiunge la temperatura ambiente prima di essere utilizzata nel sistema di irrigazione. Quando prevediamo giorni di pioggia, invece, smettiamo di prelevare acqua dal pozzo e usiamo le vasche come cisterne per l’acqua piovana raccolta dai tetti, grazie a un sistema di captazione chiamato in gergo “barili di pioggia”. Gestiamo, infine, in modo sostenibile i rifiuti vegetali e gli scarti organici. Attraverso un processo di compostaggio in loco, che può durare diversi mesi, questi vengono trasformati in nutrimento per il terreno, garantendone così la fertilità a lungo termine. Ecco in sintesi i principi cardine del nostro impegno nel restauro e nella conservazione di un giardino.
Come ha scoperto questa nuova incredibile area verde? E qual è stato l’iniziale rapporto con la comunità dei frati?
Nemmeno dieci giorni dopo l’inaugurazione dei Giardini Reali, il 7 dicembre 2019, mi sono presentata alla porta del Convento a chiedere a Fra Stefano, in rappresentanza della comunità di frati, se fosse disposto a concedere l’Orto Giardino alla Fondazione. In realtà non l’avevo mai visto, nemmeno su Google Maps; ne avevo giusto scorto uno scorcio passando in barca: è stata una pura intuizione, conseguenza di un’autentica rivelazione. Guardandomi indietro, mi sembra a tutt’oggi incredibile che abbia avanzato questa richiesta così e ancora più incredibile che loro abbiano detto sì. Il rapporto con i Frati è stato straordinario. Non si è trattato di un processo rapido, bensì di un paziente e profondo percorso di reciproca conoscenza, basato innanzitutto sulla stima e sul rispetto. Entrambe le parti hanno dovuto imparare a conoscersi, mettendosi spesso l’una al posto dell’altra, accogliendosi vicendevolmente, perché solo cercando di comprendere i desideri e le ragioni di chi si ha di fronte e trovando soluzioni condivise si possono realizzare progetti in armonia, verrebbe da dire ancor più estesamente di pace, visti i tempi che corrono. È stato importante in questa particolare occasione per la Fondazione capire cosa significhi, in profondità, la ricerca della pace e della comprensione, anche quando ci sono delle difficoltà. Dopo cinque secoli in cui è sempre stato ad uso esclusivo del convento, i Frati hanno dovuto convivere per due anni con una squadra di 70 persone, ruspe e mezzi vari al lavoro nel Compendio. Certamente avranno un ruolo attivo nel Giardino, perché rimane il loro giardino. La manutenzione e la cura sarà affidata alla Fondazione, ma se qualche frate vorrà occuparsi di una parte di esso, sarà libero di farlo naturalmente.
In che condizioni ha trovato il Compendio, che dal canale della Giudecca si estende per circa un ettaro fino alla Laguna?
Stiamo parlando di un luogo straordinario e profondamente simbolico, legato alla spiritualità dei Frati Cappuccini, con una storia di 500 anni, mai aperto al pubblico prima. Il Convento è annesso alla Chiesa del Redentore, che venne commissionata ad Andrea Palladio da Papa Gregorio XIII e dalla Serenissima come voto per la fine della peste del 1575-1577, un vero simbolo di rinascita. Il Compendio non comprende solo l’Orto Giardino, ma anche le Cappelle di meditazione, la Serra, l’Apiario e le antiche Officine. Questi ultimi fabbricati, che si affacciano sull’Orto Giardino a nord e sulla Laguna a sud, erano di servizio, utilizzati dai frati come falegnameria, officina, lanificio, qui venivano confezionati i sai, e come luoghi adibiti alla preparazione del mistrà, liquore mescolato all’acqua, offerto in occasione della festa del Redentore. Anche queste strutture sono state affidate dalla Curia della Provincia Veneta e dai Frati Cappuccini a Venice Gardens Foundation nel maggio 2021, con l’autorizzazione della Santa Sede e della Soprintendenza. Sia la parte botanica dell’orto che gli edifici erano stati duramente segnati dal trascorrere del tempo e dall’Acqua Granda del 2019, che con i suoi 187 centimetri ha devastato tutta Venezia. Non era stato fatto alcun intervento dopo questo catastrofico accadimento; il degrado era evidente e il problema della salinità, sia sui muri degli edifici che nel terreno, era particolarmente critico.
Anche per il Giardino del Redentore è stata coinvolta una squadra qualificatissima di esperti. Quale la chiave del progetto?
Venice Gardens Foundation, per restituire al luogo bellezza e visione futura, dopo approfondite ricerche d’archivio ha elaborato un progetto, affidato all’architetto paesaggista di fama internazionale Paolo Pejrone, che riconduce all’importante tradizione degli orti conventuali, alla loro ricchezza e capacità di sperimentazione. Il restauro del patrimonio botanico, artistico e architettonico ha seguito un approccio conservativo ed estremamente filologico. Il progetto ha contemplato il ripristino dell’impianto originario del Giardino che riprende il simbolismo della croce, già presente nel Seicento, come documentato nella pianta di Venezia del 1696 di Giovanni Merlo, con un reticolo di pergolati in legno di castagno scortecciato che definiscono gli spazi delle diverse coltivazioni: orto, frutteto, ulivi, che un tempo fornivano il sostentamento al Convento stesso, e un cuore centrale caratterizzato da una vasca di ninfee. È stato ripristinato il Giardino dei Semplici, dove venivano coltivate le erbe officinali per l’antica farmacia del Redentore che curava i malati, oltre al Giardino dei Fiori, il cui scopo originario era ornare gli altari, mentre oggi diventa fonte primaria di nutrimento per le api dell’Apiario. A questo proposito, è stato ricostituito un apiario con tre tipologie diverse di arnie a favo naturale. In collaborazione con Paolo Fontana, uno specialista del settore, verrà condotta una ricerca comparata sul benessere delle api e la qualità del miele. Vivendo questo spazio emerge con evidenza come il giardino sia costituito non solo da piante, ma anche da animali e si percepisce quanto questi esseri viventi forse più di noi siano indispensabili per l’equilibrio naturale. In riva alla Laguna, luogo irrinunciabile da cui ammirare il tramonto, ombreggiata dalle chiome compatte e sempreverdi delle piante di pitosforo, con erba e fiori, si apre un’area appartata, mentre sul fronte dell’acqua una seconda pergola è avvolta da Rose banksiae “Alba Plena”, in contrasto con l’altro pergolato, coperto da piante di uva e da rose, glicini e bignonie. Anche il restauro degli edifici, sotto la guida dell’architetto Alessandra Raso, è stato eseguito con la stessa cura filologica. Si tratta di edifici semplici, in linea con la regola di San Francesco d’Assisi. I muri interni ed esterni nel tempo erano stati coperti da strati di cemento, che sono stati rimossi manualmente con piccoli scalpelli, riportando alla luce il mattone originale, curato e trattato successivamente con impacchi anti-senilità. Lo stesso livello di attenzione è stato riservato alla Cappella di meditazione, un piccolo spazio di soli dodici metri quadrati dove regnano pace e silenzio; un luogo dove non è necessario fare nulla, solo fermarsi ad ascoltare nel profondo sé stessi.
Giardino, Orto, Cappelle di meditazione, Antiche Officine, Serra, Apiario del Convento della Chiesa del Santissimo Redentore. Quale era il valore simbolico di questo luogo?
Il Compendio risponde ai principi di povertà, semplicità e funzionalità stabiliti nelle costituzioni cappuccine, con un esteso e complesso giardino, o per meglio dire di un hortus nell’accezione latina, riferita a uno spazio verde, bello e utile, con un patrimonio vegetale comprendente alberi produttivi, fiori, ortaggi e piante officinali, in linea con i ruoli tradizionalmente svolti dai diversi Ordini religiosi. La collocazione, tra la Laguna, il Convento e le mura di confine, lo qualifica in effetti come hortus conclusus, uno spazio articolato e ben delimitato, in grado di assolvere a molteplici funzioni, la più importante delle quali per la spiritualità cappuccina, strettamente legata al Cantico delle Creature francescano, è l’idea di un anticipo del Paradiso, che nell’armonia tra natura e individuo offre già in terra un luogo gioioso e perfetto.
Un progetto ambizioso e straordinario per la realizzazione del quale avete coinvolto una qualificata teoria di partner, molti dei quali nella veste di preziosi finanziatori.
In Venetia Hortus Redemptoris, questo è il titolo ufficiale del progetto, è stato reso possibile anche grazie alla lungimiranza delle istituzioni e alla generosità e alla visione di vari mecenati, che nel loro insieme si sono dimostrati capaci di creare una vicinanza concreta e intima con questo luogo di alto valore storico e spirituale al fine di favorirne il restauro, la protezione e la conservazione. I partner del progetto sono: Unione Europea NextGenerationEU, Ministero della Cultura – Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna, Fondazione di Venezia, Friends of Venice, Generali, Intesa Sanpaolo, The Guillon Family of Fondation Valmont, The Roger Thomas & Arthur Libera Family Foundation, The Venice International Foundation, Van Cleef & Arpels, Airelles, Fondazione Cologni Mestieri d’Arte, Fondazione Hillary Merkus Recordati, Siram Veolia, Luca Bombassei, Franca Coin, Massimo Sordella. È grazie al loro sostegno che oggi possiamo scoprire un’area di così straordinaria bellezza e profondità.
Quale impatto avrà il nuovo Giardino nell’economia sociale e culturale della città?
L’Orto Giardino del Redentore sarà aperto al pubblico dal giovedì al sabato, con orari variabili a seconda della stagione. A differenza dei Giardini Reali, che sono ad accesso gratuito, l’ingresso qui richiede il pagamento di un biglietto, una misura necessaria per sostenere i costi di gestione e manutenzione. Tuttavia, per favorire il ruolo sociale e comunitario di questo luogo, è stata prevista una tariffa ridotta per i veneziani, che potranno anche sottoscrivere una tessera annuale dal costo di soli 30 euro. Un abbonamento che contribuirà direttamente alla manutenzione del giardino e che ci auguriamo possa aiutare ad instaurare un senso di responsabilità tra i visitatori, incentivandoli a vigilare e a prendersi cura di questo luogo così prezioso per la comunità tutta.
Le Antiche Officine ospiteranno mostre in armonia con la natura e l’essenza del giardino. Abbiamo già coinvolto due artisti: Remo Salvadori, che ha creato un alveare che accoglie i visitatori nel locale di ingresso del Compendio, e Lucia Veronesi, che ha realizzato un video che racconta i vari momenti del restauro. Oltre a questi due importanti lavori ci sono poi le fotografie di Guido Guidi e Francesco Neri a documentare il restauro. Sempre le Officine ospiteranno in alcuni periodi dell’anno anche il frantoio e la sala di smielatura per la produzione in sito del nostro olio e del nostro miele. L’Orto Giardino produrrà infatti olio, miele, ortaggi, erbe officinali, aromatiche e fiori.
Un Caffè, gestito da Illy, proporrà i nostri prodotti praticamente a “metro zero”, dal momento che proverranno perlopiù direttamente dall’orto. Verranno svolte ricerche botaniche, scientifiche ed artistiche che spazieranno tra diverse discipline, includendo teatro-natura, opere musicali, letterarie, narrazioni poetiche e canti polifonici. Saranno di particolare importanza anche i laboratori per bambini, che avranno una durata estesa nel tempo in modo tale da sviluppare nei più piccoli, tramite la conoscenza, un rapporto profondo e duraturo con la natura. Più che di sostenibilità, preferiamo parlare di responsabilità: quando ci innamoriamo di un essere vivente, che sia una pianta o un animale, ce ne prendiamo cura, lo difendiamo, lo preserviamo, e in questo atto scopriamo che la sua vita è strettamente legata alla nostra.