La passione e l’oblio

Italico Brass a Palazzo Loredan, intervista ai curatori
di Mariachiara Marzari
Italico Brass

Curata da Giandomenico Romanelli e Pascaline Vatin, la mostra “Italico Brass. Il Pittore di Venezia” è la celebrazione e la riscoperta di un affascinante pittore acclamato in vita e nel dopoguerra e quasi dimenticato per oltre sessant’anni.

A distanza di ottant’anni esatti dalla sua morte abbiamo ritenuto fosse giunto il momento di riprendere in mano la vita e le opere di quest’artista che la pittura del Novecento considera, giustamente, un suo centrale protagonista.

Regate, campielli animati di gente, la Piazza e i suoi caffè, ponti di barche montati per le feste tradizionali, “campassi erbosi” e calli, il Carnevale, la spiaggia: Italico Brass. Il Pittore di Venezia racconta tra Ottocento e Novecento con uno stile aperto alla modernità una città inedita, viva, pulsante, popolare, a tratti sorprendente. Una infanzia felice in giro per i monti intorno a Gorizia, una gioventù bohemienne e libera prima a Monaco e poi a Parigi, il ritorno a Venezia. Brass chiuse un’epoca e ne aprì un’altra, condividendo gli stimoli e la poetica degli impressionisti e facendo della città lagunare la sua città d’elezione e il soggetto prediletto dei suoi lavori, ripresa con occhio vivissimo e mano sicura, in piena sintonia con una società in profondo e talvolta tumultuoso rinnovamento. Nelle sale di Palazzo Loredan, curata da Giandomenico Romanelli e Pascaline Vatin, promossa da Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti di Venezia e lineadacqua, va in scena la grande retrospettiva dedicata a Italico Brass (Gorizia 1870 – Venezia 1943). La mostra è la celebrazione e la riscoperta di un affascinante pittore acclamato in vita e nel dopoguerra e quasi dimenticato per oltre sessant’anni. Il lavoro appassionato dei curatori, che hanno faticosamente ricostruito la sua vicenda – raccontata nell’intervista qui di seguito –, restituisce all’artista il merito di un’originalità stilistica fino a oggi non adeguatamente compresa e riconosciuta e al pubblico l’eccezionale bellezza, la straordinarietà di ciò che nella Venezia dei suoi tempi era cifra ordinaria.

Italico Brass e il suo autoritratto – Courtesy lineadacqua

Come nasce l’idea di questo viaggio di riscoperta di un artista ‘dimenticato’?
Italico Brass ha conosciuto come pittore un significativo successo in vita. Assai giovane ha partecipato a rassegne internazionali facendosi notare per l’originalità del suo linguaggio pittorico. Abbiamo notizie della sua affermazione sul mercato dell’arte e di importanti acquisti da parte di collezionisti privati e di rappresentanti di musei e gallerie. Non c’è storia della pittura del Novecento nel Veneto e in Italia che non gli dedichi pagine critiche e puntuali rassegne bio-bibliografiche. Anche nell’immaginario cittadino (e non solo) il nome di Brass è presente in termini diffusi e consapevoli. A Venezia l’ultima significativa mostra personale gli è stata dedicata dalla prima Biennale del dopoguerra nel 1948. Dopodiché praticamente il silenzio. Sporadicamente sono comparse delle sue opere in esiguo numero in aste e in ristretti mercati. Nel 1991 la sua città natale, Gorizia, gli ha dedicato un’ampia mostra al Castello. A distanza di ottant’anni esatti dalla sua morte abbiamo ritenuto fosse giunto il momento di riprendere in mano la vita e le opere di quest’artista che la pittura del Novecento considera, giustamente, un suo centrale protagonista. E di farlo a Venezia, città fondamentale per la sua arte, tanto da meritargli quella qualifica di “Peintre de Venise” che a Parigi lo aveva contraddistinto. Una serie di opportunità e di circostanze fortunate, che si sono potute cogliere e verificare in occasione del riassetto e della riorganizzazione del lascito dell’artista, ci ha consentito di ripartire praticamente da zero avviando così  un’operazione di rivisitazione complessiva della sua pittura. Il fascino della nostra inchiesta è consistito proprio nel vedere delinearsi a poco a poco il profilo del personaggio; esattamente come, nelle giornate di nebbia fitta di anni fa, camminando a San Marco si poteva indovinare per qualche istante un pedone solitario che attraversava la piazza, apparendo in uno degli aloni conici di luce dell’illuminazione pubblica e scomparendo l’istante dopo. Così è successo con Brass. È apparso piano piano.

…una lettura sempre mutevole e inedita della Venezia ritratta grazie al suo magico utilizzo dei colori, della luce, dell’acqua e dei cieli, di cui Brass è scrutatore inesausto e geniale.

Acqua alta in Piazza San Marco, 1912, Collezione privata – Courtesy lineadacqua

Come delineare il percorso esperienziale, il profilo biografico di Italico Brass?
Nato a Gorizia il 14 dicembre del 1870, Italico Brass ottenne ben presto dal padre Michele, commerciante di vini e fervente irredentista, il permesso di studiare all’estero, all’Accademia di Belle Arti di Monaco, al tempo particolarmente apprezzata e in voga tra gli artisti dell’area giuliano-isontina, meta ideale per entrare in contatto con altri artisti e potersi ispirare a nuove tendenze. A sedici anni, dunque, Brass parte per la città bavarese, dove prenderà lezioni da Karl Raupp, seguace della Scuola di Monaco e del Realismo. Sarà una permanenza breve, perché già nel 1888 pare che Italico si fosse trasferito a Parigi. La capitale francese fu per lui uno straordinario luogo di formazione, con i fermenti e le innovazioni che la animavano e i tanti artisti internazionali che vi si ritrovavano. Il soggiorno parigino durò circa sette anni, pur interrotto da frequenti rientri a casa e puntate nella Laguna veneziana, che già allora attirava i suoi interessi. In quegli anni il pittore aveva conosciuto Lina Rebecca Vidoff, russa di Odessa al tempo studentessa di medicina che viveva a Parigi. Diventerà sua moglie nel 1895, poco prima del definitivo trasferimento a Venezia. Dopo un periodo trascorso a Chioggia, che in quegli anni restituiva il fascino vivo della Laguna richiamando pittori italiani, stranieri e il fior fiore dell’arte veneziana – tra tutti, Luigi Nono, Ettore Tito, il friulano Umberto Veruda e Pieretto Bianco, Mosè Bianchi, Emilio Gola e Pietro Fragiacomo –, Italico prese abitazione dapprima presso Casa Frollo alla Giudecca, quindi alle Zattere e infine, a partire dal 1906, in Campo San Trovaso. La carriera di Italico è ormai lanciata. Nel 1900 all’Esposizione Universale di Parigi ottenne una medaglia di bronzo con il quadro Ritratto di mia moglie, del 1896. Quindi partecipò a tutte le Biennali internazionali veneziane dal 1895 al 1914 (eccetto le edizioni del 1907 e del 1909) e poi dal 1920 al 1942, ottenendo una personale nel 1910 (in quell’occasione i suoi dipinti vennero acquistati da Ca’ Pesaro e dal Museo di Lussemburgo) e un’altra ancora nel 1935 nell’edizione straordinaria per i quarant’anni della manifestazione. Una personale postuma gli venne dedicata anche nel 1948. Partecipò a due Triennali delle Belle Arti di Brera, a Milano, e a numerose Esposizione di Belle Arti di Torino e Milano; fu presente anche alle Internazionali di Belle Arti di Roma del 1908, 1910 e 1911. Tante le esposizioni all’estero: Monaco di Baviera nel 1897, 1901 e 1913, Londra nel 1902, Buenos Aires e Bruxelles. A Parigi nel 1914 riscosse un grande successo esponendo 139 opere alla Galleria Georges Petit. Se la vita portò Brass in giro per il mondo – anche come ‘reporter’ di guerra durante il Primo Conflitto mondiale – Venezia fu il suo vero punto di arrivo e il suo irrinunciabile orizzonte. Frequentò in città pochi luoghi e poche persone, ma tutti di qualità: alla Locanda Montin o nella sua preziosa Misericordia accolse Nino Barbantini, direttore delle Belle Arti del Comune di Venezia, Antonio Maraini, Presidente della Biennale, la coppia Damerini, Maria e Gino, Direttore della «Gazzetta di Venezia», il giornalista Elio Zorzi. Nell’agosto del 1943 muore all’improvviso nella sua casa di San Trovaso.

La Piazzetta di San Marco, Collezione privata – Courtesy lineadacqua

Brass unisce il gusto degli spazi urbani (qualunque sia la loro natura e dimensione) con gli attori (folla, gruppi o individui) che ne animano la scena; segni dinamici, abbozzi di sagome in movimento, chiazze di colore che alludono più che costruire e mostrare corpi e figure definite.

Quali sono i tratti distintivi della sua ricerca artistica?
Artista senza maestri e senza seguaci, Italico, ritenuto un rappresentante significativo del Novecento pittorico veneziano, non è appartenuto ad alcuna scuola, corrente, secessione o altro. Tanto più interessante questa circostanza a fronte della presenza in città non solo della Biennale, ma anche di movimenti modernisti e di avanguardie di grande notorietà e di riconosciuta qualità per le loro ricerche. Elio Zorzi, capo ufficio stampa della Biennale, in occasione della retrospettiva dedicatagli nella Biennale del ‘48, la stessa che vide esposti gli impressionisti e la Collezione di Peggy Guggenheim al Padiglione della Grecia, lo definì “un fenomeno particolare, un caso isolato” per il suo tempo. Certamente nella maturazione della personalità artistica di Brass appaiono fondamentali gli anni della formazione prima all’Accademia di Belle Arti di Monaco di Baviera, poi a Parigi. Brass unisce il gusto degli spazi urbani (qualunque sia la loro natura e dimensione) con gli attori (folla, gruppi o individui) che ne animano la scena; segni dinamici, abbozzi di sagome in movimento, chiazze di colore che alludono più che costruire e mostrare corpi e figure definite. La sua tavolozza poi crea il resto: dai bianchi ai verdi squillanti, dai giallo-cromo ai rossi-lacca ai neri luccicanti. La pittura di Brass è piena di verve, inondata di luce diurna e in versione notturna, avvolta in una luminosità lattea, in un pulviscolo argenteo o dorato.

Dall’Impressionismo al Post-impressionismo come il linguaggio artistico di Brass ha colto le influenze dell’arte parigina trasformandole in espressione personale?
Nelle differenti anime dell’Impressionismo, ma anche nelle derivazioni del secondo Impressionismo e dell’immediato Post-impressionismo, vanno ricercati influssi e riflessioni che matureranno variamente nella sensibilità di Italico Brass, il quale, pur non abbandonando completamente certe durezze della pittura austro-tedesca e nordica, manifesta una sua personalissima adesione allo spirito, all’atmosfera e ai principi pittorici condivisi dai grandi protagonisti di quel Movimento. Ne risulta un occhio e un gusto capace di innumerevoli “variazioni sul tema”, offrendo una lettura sempre mutevole e inedita della Venezia ritratta grazie al suo magico utilizzo dei colori, della luce, dell’acqua e dei cieli, di cui Brass è scrutatore inesausto e geniale.

La regata, 1923, Collezione privata – Courtesy lineadacqua

Quale Venezia emerge dalle sue opere?
Il percorso espositivo, organizzato su una serie di visioni veneziane che Italico propone quasi a suggerire una sorta di inedito itinerario in città, ci offre brani di una Venezia per così dire “minore”, certamente non monumentale e però mai banale e stereotipata. Una Venezia che Brass coglie tra feste, riti ed eventi; una città di popolo, senza distinzioni di classi, fatta di apparizioni della folla e situazioni colte nell’attimo in cui si concretizzano, sempre en plein air, con l’energia e la vitalità di mille variazioni atmosferiche. Nei suoi dipinti l’artista guarda a Venezia senza precostituite gerarchie: il Caffè Florian in Piazza San Marco ha la stessa dignità delle famiglie popolari e dei loro pic-nic al Lido, così come la processione a San Trovaso e la partita di calcio a Sant’Elena, o gli scaricatori di sale alle Zattere e i burattinai a San Barnaba. Evidente è l’interesse per certe aree periferiche della città come nella Venezia del Baron Corvo; gli interramenti delle barene e le aree verdi di una città che cresce e si espande diventano soggetti amati e riproposti. Per non parlare dei gruppi di impiraperle sedute a chiacchierare nel campiello di corte Colonna, capaci di destare la medesima attenzione della processione in pompa magna delle autorità ecclesiastiche verso il Redentore. Brass è cronista accurato, divertito e partecipe di ogni aspetto della vita quotidiana. E’ sempre là con i suoi fogli e le sue tavolette per appuntare un volto, un gesto, una smorfia; oppure confuso tra la folla che assiste alle regate, restituendo lo sforzo dei campioni e la dinamicità di uno sport che è solo ed esclusivamente veneziano. Il “pittore di Venezia” è sempre in servizio, insomma. La testimonianza e l’immagine che Italico Brass ci consegna è quella di una città che era non solo ancora vivibile, ma anche esemplare pur nella sua unicità. Una città antiretorica, quotidiana, autentica, festosa nei suoi riti e nelle sue processioni, fatta di gente “normale” in una città “speciale”. Non c’è nostalgia nella Venezia di Brass, perché lui guarda al presente e mira al futuro, come deve essere per ciascuno che si ponga il problema di preservare i segni e le forme di una comunità viva seppur fragile.

Sotto la pergola, 1920 c, Collezione privata – Courtesy lineadacqua

L’Abbazia Vecchia della Misericordia, studio, atelier, luogo della sua collezione personale e d’incontro per artisti, giornalisti, intellettuali e maggiorenti. Al netto della sua riservatezza, ci troviamo di fronte a un artista pienamente moderno, immerso nelle temperie e nelle energie creative del suo tempo e non solo. Che rapporto ha costruito con la storia dell’arte e che peso ha avuto nel suo essere artista contemporaneo?
Nonostante il carattere, descritto come rigido e riservato, «viso ossuto e forte – scriveva Paoletti – dove i due piccoli occhi hanno una luminosità fredda e investigatrice», Brass trascorse gli ultimi venticinque anni coinvolto nella vita culturale e artistica veneziana – frequenta grandi imprenditori, intellettuali, gerarchi ed artisti –, dimostrando una straordinaria passione per l’arte antica italiana, di cui divenne un attento collezionista e studioso, e per la città che aveva saputo negli anni ispirarlo. Nel 1918 volle riportare a nuova vita l’Abbazia della Misericordia, straordinario sito rinascimentale allora in condizioni precarissime, fortemente lesionato da un bombardamento durante la guerra. La restaura e fa della sua soffitta il suo studio nonché la sede della sua incredibile collezione d’arte antica (a lui, che fu anche mercante d’arte, si devono tra l’altro la riscoperta di artisti come Magnasco in collaborazione con Benno Geiger e la valorizzazione di autori come Arcimboldo e Pordenone), oltre che il fascinoso e ascetico luogo d’incontro di artisti, giornalisti, intellettuali e maggiorenti contemporanei. Fin dal 1912 era stato invitato a far parte del Consiglio Superiore d’Antichità e Belle Arti presso la Regia Accademia e fu eletto membro del comitato di Soprintendenza ai Musei Civici d’Arte e di Storia veneziani. Partecipò a numerosi ed importanti dibattiti, sostenendo tra le varie cose la ridoratura della palla di Punta della Dogana e il restauro dei teleri del Carpaccio agli Schiavoni. Fu protagonista della scena culturale del primo Novecento partecipando a molte delle più importanti commissioni in ambito artistico, facendosi promotore delle prime grandi mostre su Tintoretto, Tiziano e Veronese in collaborazione con l’amico Nino Barbantini. Siamo insomma di fronte a un protagonista straordinario del suo tempo sia in quanto artista, sia in quanto vitale e visionario organizzatore di mostre ed attività tese alla valorizzazione dello straordinario patrimonio artistico in particolare della città lagunare. Ancora una volta emerge quanto il rapporto di Italico con Venezia, luogo di vita e d’ispirazione, abbia condizionato tutta la sua vita.

 

Immagine in evidenza: Spiaggia al Lido, Collezione privata – Courtesy lineadacqua

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