Il 28 marzo sul palcoscenico tutta l’attualità di Gaberscik in uno spettacolo di teatro-canzone da non predere.
«Fu a Milano, avevo 15 anni e mi portò a teatro un mio compagno del liceo. I biglietti costavano tantissimo, eravamo andati in alto, in galleria, e lo vedevamo piccolo come un francobollo. Mi colpì la forza di quel ‘francobollo’, la sua incredibile energia. Mi capitò soltanto un’altra volta, precisamente con i Rolling Stones. Osservavo Mick Jagger sempre da quella posizione. Quando è entrato in scena ha sprigionato un’energia stratosferica». Così Gioele Dix descrive il primo incontro dal vivo con Giorgio Gaber, a ventidue anni dalla scomparsa di una personalità capace di passare alla storia come uomo di teatro a 360°, dalle canzoni memorabili, dai monologhi fulminanti, capaci di essere potenti allo stesso modo oggi come ieri, che alla fine dei conti è quello che rende grandi. Il 28 marzo al Goldoni, con Ma per fortuna che c’era il Gaber, Dix rende omaggio al talento inimitabile di un artista da molti considerato come il migliore interprete delle aspirazioni di giovani che – per citare le parole di una sua canzone – «stavano cercando, magari con un po’ di presunzione, di cambiare il mondo».
Grazie alla sua sensibilità (e a quella del suo compagno di scrittura Sandro Luporini) Gaber ha saputo intercettare gli umori di una generazione vitale perché polemica, inquieta, spesso anticipandone contraddizioni e cambi di rotta. Ma per fortuna che c’era il Gaber è il più recente di una serie di tributi che Gioele Dix, a partire dal 2004, anno in cui si tenne il primo Festival Gaber a Viareggio, ha dedicato all’artista milanese del quale è stato convinto ammiratore fin dall’adolescenza. Lo spettacolo è costruito come un insolito itinerario all’interno del teatrocanzone di Gaber e Luporini, in cui si intrecciano brani conosciuti del loro repertorio con musiche e testi variamente inediti: versi mai musicati, canzoni mai eseguite dal vivo, monologhi abbozzati e mai completati, con Dix accompagnato da Silvano Belfiore al pianoforte e Savino Cesario alle chitarre, complici da anni delle sue affettuose scorribande gaberiane. Decisivo è stato per realizzarlo l’apporto della Fondazione Gaber, che ha svelato l’esistenza di questi preziosi materiali e li ha messi a disposizione del progetto, permettendo a Dix di “curiosare nei cassetti”.