La tragedia dell’umanità

Massimo Cacciari porta in scena Karl Kraus
di Sara Abra Carrol Smersu

Massimo Cacciari presenta Gli ultimi giorni dell’umanità di Karl Kraus il 19 marzo al Teatro Goldoni. Un incontro tra filosofia e letteratura per riflettere sull’assuefazione alla guerra e sul significato di un’opera ancora attuale.

Pensiamo ai morti con pietà quando ci toccano da vicino, quando passiamo accanto alle loro tombe, ma quando li vediamo scorrere alla televisione, abbandonati sotto cumuli di macerie dove infanzia e vecchiaia non hanno più un confine, allora rabbrividiamo. Il dramma che si consuma dentro le notizie di guerra, e le sanguinose immagini che impregnano il nostro quotidiano, con la loro noiosa ripetizione ci restituiscono un terribile effetto collaterale: l’assuefazione. Nulla più ci stupisce, nulla più ci scuote, sembra che i conflitti bellici si trasformino giorno dopo giorno, notizia su notizia, in scomodi vicini di casa ai quali non dover dare troppa confidenza.
Con l’appuntamento di mercoledì 19 marzo al Teatro Goldoni, Massimo Cacciari viene a scuotere le nostre coscienze introducendoci, quasi come fosse una lezione universitaria, all’opera di Karl Kraus, Gli ultimi giorni dell’umanità, lunghissima tragedia in cinque atti con preludio ed epilogo, dove tutto ruota attorno al macabro tema della guerra. Karl Kraus è uno dei maggiori esponenti della letteratura viennese del Novecento, scrittore, giornalista, scopritore di talenti, valorizzatore della cultura austriaca. Inizierà a scrivere il testo (quasi come diario) dall’inizio della Grande Guerra. La – Great War –, come veniva chiamata (e come sarà chiamata in tutte le lingue del mondo) per la spaventosa dimensione, per la durata, per i catastrofici effetti sull’industria, ma soprattutto per il numero di morti. L’opera nell’immediato non conobbe un grande successo, verrà scoperta solo dopo la Seconda Guerra mondiale, quando lo spirito antibellico e antimilitarista potrà essere compreso del tutto.

I fatti più inverosimili qui riportati sono accaduti veramente, ho dipinto ciò che altri si sono limitati a fare. I più inverosimili discorsi qui tenuti sono stati pronunciati parola per parola; le più crude invenzioni sono citazioni

Questo varietà dell’orrore andrà in scena nel 1945 a Zurigo e nel 1947 a New York, per diffondersi via via nel resto dei paesi. Non incontreremo personaggi, nessun nome di battesimo verrà pronunciato, conosceremo solo le tristi marionette del conflitto e i loro archetipi: il criticone, i soldati, le madri che li hanno messi al mondo, l’ottimista. Un plotone di figuranti che si muovono sul palco e che incarnano la follia di un’umanità spaesata che sta aderendo, senza comprenderla, all’idea della distruzione. Un monolito vagante che si muove per suicidarsi. In questo scenario di massa, non c’è voce che Kraus abbia lasciato da parte, tutti sono coinvolti. Attraverso le sue parole è riuscito a riprodurre con forza anche lo spirito più debole, descrivendo così tutto l’inutile orrore del sangue.
Massimo Cacciari, con voce graffiante e decisa, ma nel contempo poetica e ficcante (la sua erre arrotata aggiunge molto vigore alle frasi), alternerà alla rappresentazione di alcuni salienti estratti dell’opera potenti riflessioni. Filosofia e politologia si fonderanno, riuscendo attraverso questo intreccio dialettico a produrre un tarlo indomabile, un rovello che nello spettatore stimolerà quegli interrogativi che (forse) gli faranno alzare lo sguardo. Le considerazioni sui fatti storici, ci trasformeranno in un Giano bifronte, venuto a ricordare che il nostro passato, è un monito utile a osservare con più lucidità il nostro futuro (anche se purtroppo di quello, nessuno può immaginare la sorte).

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