Storie invisibili/Unseen stories, che il Fondaco dei Tedeschi presenta in occasione di Biennale Arte 2022, non è una mostra ma un messaggio forte e chiaro su tematiche attualissime. Nasce dalla commistione di due opere di Leila Alaoui, fotografa e videoartista franco-marocchina che ha dedicato la sua vita alla sensibilizzazione pubblica sui temi dell’identità, diversità culturale e migrazione nell’area del Mediterraneo.
Il suo impegno umanitario ha compreso varie missioni fotografiche per importanti ONG, tra le quali quella del gennaio 2016 che le è costata la vita. Mentre si trovava nel Burkina Faso per lavorare a una commissione di Amnesty International per i diritti delle donne, Alaoui fu vittima di un attentato terroristico durante il quale riportò gravi ferite, che poco dopo ne causarono la morte.
In seguito alla scomparsa dell’artista è stata creata la Fondazione Leila Alaoui allo scopo di preservare il suo lavoro, difendere i suoi valori, ispirare e sostenere gli artisti che lavorano per promuovere la dignità umana. Le sue opere, poetiche e potenti al contempo, sono esposte in vari musei e collezioni tra cui: l’Institut du Monde Arabe e la Maison Européenne de la Photographie a Parigi, la Konsthall di Malmoe, il Palazzo nazionale di Cascais, il Musée des Beaux-Arts di Montreal e più recentemente il Musée Yves St Laurent di Marrakech e la Somerset House di Londra.
Le due installazioni di Leila Alaoui sono esposte al quarto piano del Fondaco dei Tedeschi e trattano temi cari all’artista. La prima, Les Marocains, restituisce un ritratto corale del suo Paese d’origine, reso attraverso una serie di gigantografie che immortalano i suoi abitanti. Immagini dal grande impatto visivo che raffigurano soggetti vestiti in abiti tradizionali dai colori sgargianti e dalle forme intricate, messe in particolare risalto dal nero inteso degli sfondi. Les Marocains è stato un modo per la giovane artista di scoprire le proprie radici e affermare un’estetica indipendente, che evidenzia la dignità degli individui e di un intero Paese.
La seconda opera, Crossings, racconta il viaggio intrapreso dai migranti subsahariani per raggiungere il Marocco e le coste europee. L’installazione si compone di un mix di immagini e video che ricostruiscono il vissuto dei migranti, utilizzando sia frammenti di realtà, come registrazioni di storie vere, che immagini fittizie. Un’importante restituzione del trauma collettivo che invita a riflettere sia sulla fragilità di una comunità in viaggio che sul concetto utopistico d’Europa, dal punto di vista africano