Alla liminalità e all’ambiguità del rituale è ispirata la tredicesima edizione di Venice Open Stage, il festival teatrale organizzato dall’associazione culturale Cantieri Teatrali Veneziani e ospitato come ogni anno nell’arena Gigi Dall’Aglio, in Campazzo San Sebastiano.
Una zona ibrida, dove i profili del conosciuto sbiadiscono e l’ignoto dilaga dinanzi a noi. Una soglia tra ciò che eravamo e ciò che saremo, un varco tra lo spazio e il tempo in cui tutto deve ancora accadere o forse, a ben guardare, sta già accadendo. È in un posto come questo che nasce il teatro, forma espressiva dell’hic et nunc eppure antica quanto la nostra civiltà, che sin dalle sue origini di rito collettivo permette all’uomo di accedere a una dimensione altra, in cui infrangere leggi, costumi e gerarchie sociali per sprigionare l’energia della creazione.
Proprio alla liminalità e all’ambiguità del rituale è ispirata la tredicesima edizione di Venice Open Stage, il festival teatrale organizzato dall’associazione culturale Cantieri Teatrali Veneziani e ospitato come ogni anno nell’arena Gigi Dall’Aglio, in Campazzo San Sebastiano. Con il titolo Limĭnis, dall’1 al 13 luglio la rassegna offre l’occasione di vivere il teatro come uno spazio conviviale e trasformativo attraverso dieci spettacoli dal carattere marcatamente sperimentale, in grado di trasportare lo spettatore in una dimensione sospesa da cui uscirà inevitabilmente mutato, poiché, tanto a teatro quanto nel rituale, si entra come individui e si esce come parte di una piccola comunità.
Le rappresentazioni sono divise in tre sezioni, prima tra tutte quella dedicata alle Accademie italiane ed internazionali. Segue la sezione Fermenti, aperta alle compagnie professioniste di recente formazione che meglio hanno saputo cimentarsi con i nuovi linguaggi drammaturgici, per finire con la Rassegna delle compagnie d’avanguardia già affermate. Tra gli ospiti più curiosi di questa edizione segnaliamo l’accademia The Aleksander Zelwerowicz National Academy of Dramatic Art di Varsavia, che giovedì 11 e venerdì 12 luglio ritorna con Blasted, basato sull’omonimo spettacolo di Sarah Kane in cui si affrontano, colpendo in profondità̀, le nozioni di guerra, morte e salute mentale. Sul filo sottile tra la vita e la morte si pone anche Fondamenta Zero, che con Resterò per sempre nella foto di uno sconosciuto venerdì 5 apre la sezione Fermenti con un monito: “Tra 60 minuti qualcuno morirà”. Forse, uno (o 10) dei personaggi di Emanuele Aldrovandi, che chiude la rassegna il 13 luglio con Dieci modi per morire felici, un esperimento teatrale che attraverso un dispositivo performativo coinvolge ogni sera alcuni spettatori in platea.