Dal 4 all’8 dicembre Venezia chiama a raccolta i più vivaci maestri dello storytelling toccando i luoghi più iconici della città per offrire un cinema che si fa dal vivo: proiezioni, focus e incontri con maestranze, produzioni locali e aspiranti professionisti del settore audiovisivo locale.
Come è nata l’idea di un festival che ‘rivendica’ il ruolo di Venezia quale città del cinema non solo in quanto vetrina, ma anche in quanto motore produttivo e promozionale nel campo dei linguaggi cinematografici?
Nell’estate del 2020 c’era un’atmosfera particolare nell’aria. Incertezza, forse anche paura, ma anche tanta voglia di scommettere su idee nuove, su nuovi orizzonti, con dei possibili nuovi inizi. Diverse associazioni e persone, che tuttora fanno parte di Rete Cinema in Laguna, organizzavano proiezioni un po’ ovunque, spesso condividendo spazi e attrezzature, partecipando gli uni agli eventi degli altri. Quell’estate da un appello di Gaia Vianello abbiamo unito le forze per organizzare la proiezione de Il Terrorista di Gianfranco De Bosio in Campo Junghans. Un film completamente girato a Venezia e che si conclude proprio in quel Campo. Più di duecento persone hanno partecipato, insieme al regista ultranovantenne, alla proiezione; un evento vissuto e realizzato dalla comunità in un momento di grande sete di collettività. Guarda caso, ma non è affatto un caso, con un film che parla di Resistenza. In un certo senso è in quella sera estiva che è nata Rete Cinema in Laguna, che poi l’anno successivo sarà in grado di organizzare la prima edizione di INLaguna Film Festival. Senza alcuna contrapposizione con la Mostra del Cinema, alla quale partecipiamo entusiasticamente e ampiamente come spettatori, abbiamo sentito l’esigenza intorno a noi di creare un momento di incontro e visione in dialogo aperto con la città. Anche per questo abbiamo deciso, dopo due anni, di collocare temporalmente il festival nella stagione invernale, quando la città si svuota e ci si può incontrare e confrontare più distesamente con chi resta. È iniziato così un proficuo dialogo, una fertile interazione con le scuole, con le Università e con chi lavora quotidianamente nel cinema e non solo. Fondamentale per l’associazione è la promozione e la diffusione di cinema indipendente. Siamo incessantemente alla ricerca di nuovi linguaggi, di nuove sperimentazioni formali e produttive, percorsi che faticano non poco a sfociare qui in laguna, ma non solo qui naturalmente. Altrettanto forte è il nostro impegno nel creare un luogo di discussione tra professionisti del settore, maestranze, enti pubblici e privati. Un confronto che viene portato avanti tutto l’anno e che trova il suo culmine nel week-end del festival durante gli Industry Days. Cruciale in questo senso è la collaborazione con Doc Servizi, la più grande cooperativa per i lavoratori dello spettacolo che esiste in Italia e che ha una sede anche a Mestre. Quest’anno durante gli Industry Days ci saranno due focus: uno dedicato ai costumi, con la costumista Ilaria Marmugi in conversazione con il regista feltrino Francesco Sossai, un altro incentrato sulla scenografia, con la partecipazione delle arredatrici Marta Ridolfi e Francesca Bozza e l’attrezzista Mirko Donati. Domenica 8 dicembre gli incontri si concluderanno con un orientamento nel ‘labirinto’ dei contratti e della lettura delle buste paga nel mondo cine-audiovisivo. Per far sì che le produzioni locali e l’industria cinematografica regionale abbiano possibilità di sviluppo sono necessari investimenti mirati nella formazione e nella specializzazione, così come nella tutela dei talenti e dei lavoratori del cinema.
Il cinema è arte, dedizione, talento, passione, creatività, ma è anche un mestiere
L’edizione 2024 coinvolge luoghi-simbolo di Venezia e grandi figure dell’universo cinematografico. Una panoramica sui film che vedremo in concorso dal 4 all’8 dicembre.
Ad oggi si tratta dell’edizione più diffusa e multiforme di INLaguna: una durata più estesa, molti luoghi, tante anime e maggiori contaminazioni. Sono nove i film in concorso, senza distinzione di durata né di genere, spesso frutto di lunghi anni di lavorazione, realizzati da più mani e più occhi, con produzioni creative e una grande potenza formale ed emotiva. Si tratta fondamentalmente di racconti di comunità e collettività. Due le anteprime italiane. La prima è l’esordio nel lungometraggio del dominicano Tómas Pichardo Espaillat con l’incantevole animazione Olivia y las nubes, un vortice vertiginoso di forme e colori. Un’opera nata dopo lunghi anni di lavoro e grazie al contributo di diversi animatori e nella quale anche il Veneto ha svolto un ruolo centrale con la retrospettiva dedicata al regista al Lago Film Fest del 2022 e la successiva sua residenza a Fabrica. A introdurre la proiezione (6/12 ore 18, Teatrino Palazzo Grassi) sarà proprio il program director di Fabrica Carlos Casas. La seconda anteprima, in collaborazione con Laceno D’oro, è Invention, primo film di finzione della regista americana Courtney Stephens, scritto insieme alla magnetica attrice protagonista Callie Hernandez. Tra la sperimentazione filmica e la biografia delle due donne, la vicenda si dipana attraverso in un processo di elaborazione del lutto innescato da uno strano macchinario ereditato alla morte di un padre distante e complottista. A presentare il film (7/12 ore 18, Teatrino di Palazzo Grassi) un’altra donna, la montatrice Dounia Sichov. Altri due lavori intriganti che presenteremo nei giorni del festival sono quelli dedicati alle vite di due Antonie: quella dell’opera prima della catalana Laura Ferrés ne La Imatge Permanent, racconto nel racconto su una donna che ne insegue un’altra, ispirato alle canzoni dei migranti andalusi del dopoguerra, e quella, troppo breve, di una fotografa nella Corsica infuocata degli anni ‘90 in À son image di Thierry De Peretti. Tra la lotta politica di amici e amori e il dubbio costante e profondo attorno alla fotografia e al significato profondo delle immagini (entrambi i registi presenteranno i film rispettivamente il 6/12 e il 7/12 alle 21 al Teatrino di Palazzo Grassi) Il potere delle immagini e della rappresentazione nella costruzione di un immaginario, soprattutto politico, sono centrali in UNDR di Kamal Al Jafari, che ci mostra, con apparente semplicità, la superficie della sua terra, la Palestina, continuamente scossa da bombe ed esplosioni. Ma le immagini d’archivio aeree lasciano soprattutto che l’occhio veda, nella sua luminosa bellezza, tutto quello che c’è sotto (o quello che c’era prima?) in una terra che deserta non lo è mai stata (8/12 ore 16, Casa del Cinema). Dagli archivi della Polonia sovietica nasce invece la ricostruzione di un matriarcato impossibile con il brillante Grandmamauntsistercat di Zuza Banasinska, in cui una bambina ci guida a scoprire questa discendenza matrilineare che vive nello spazio stesso del film (8/12 ore 17, Casa del Cinema). Sono poi le immagini create dall’intelligenza artificiale a costruire The Oasis I Deserve della regista francese Inés Sieulle, dove le chatbot online hanno difficoltà a determinare il loro posto nel mondo e condividono i loro pensieri con gli umani, con cui conversano in un susseguirsi di eventi (8/12 ore 16.30, Casa del Cinema).
Las Novias del Sur della spagnola Elena López Riera è invece un film corale costruito attorno a una serie di interviste e sincere conversazioni su uno dei rituali più antichi del mondo: il matrimonio (8/12 ore 16, Casa del Cinema). L’“oggetto non identificato” di quest’anno, Pepe del dominicano Nelson Carlos De Los Santos Arias, è un dramma atmosferico e intrigante sul rapporto conflittuale che l’uomo ha con la natura incentrato sulla vicenda, tra storia e leggenda, dell’ippopotamo che ha realmente abitato lo zoo personale del narcotrafficante Pablo Escobar (8/12 ore 18, Casa del Cinema). Osservando la Selezione nel suo insieme si possono cogliere delle tracce connettive tra i vari film presentati, una traiettoria non definita in partenza ma nemmeno però casuale. Anche laddove dietro la macchina da presa ci sono degli uomini, dei singoli individui, sullo schermo prevalgono racconti corali, collettivi, con protagonista principe sicuramente la componente femminile. È proprio questo il cinema che ci muove e che continueremo a mettere al centro del nostro percorso e della nostra ricerca. Fuori concorso siamo poi davvero felici di rendere omaggio, in collaborazione con il Consolato di Svizzera e la Cinémathèque suisse, al regista svizzero tedesco Daniel Schmid con la riproposizione del suo capolavoro La Paloma, melodramma decadente e raffinato su una cantante di cabaret sul viale del tramonto interpretata dalla grande Ingrid Caven, e con la proiezione del documentario The Written Face, uno degli ultimi lavori di Schmid dedicato al teatro Kabuki e a una delle sue più grandi stelle, Tamasaburo Bando (5 e 6/12 ore 17.30, Palazzo Trevisan degli Ulivi). Avremo inoltre due super ospiti, anzi tre! In apertura un attore incredibile, un regista dallo sguardo inconfondibile che è riuscito nell’impresa più unica che rara di adattare per il grande schermo un libro così particolare come Lo Stadio di Wimbledon del mai troppo compianto Daniele Del Giudice. Stiamo parlando di Mathieu Amalric, che sarà con noi ad aprire il festival con il film dal medesimo titolo del libro da cui è tratto (5/12 ore 21, Cinema Rossini). In chiusura, invece, avremo con noi il genio sregolato del nuovo cinema rumeno Orso d’Oro a Berlino nel 2021, vale a dire Radu Jude, che presenterà il suo ultimo lungometraggio di finzione Do not expect too much from the end of the world. Un’opera considerata tra le migliori del 2023, amata da John Waters e dai Cahiers du Cinéma, capace di riflettere con grandissima originalità attorno all’esplosione dei linguaggi multimediali “sociali”, uno fra tutti TikTok, mentre scava a due mani nel machismo e nella violenza insita nel lavoro. Da poco in sala, l’opera di Jude colpirà gli spettatori veneziani per la freschezza e la profondità della sua analisi sulla contemporaneità (8/12 ore 20.30, Multisala Rossini). E per finire, un fantastico fuori programma: Extra Fest! Un progetto che lanciamo quest’anno per il sostegno alla circolazione dei film in sala e che avrà il suo primo appuntamento il 9 dicembre al Cinema Giorgione con Grand Tour di Miguel Gomes, in sala con noi a presentare il film. Miglior regia al Festival di Cannes 2024, Gomes è uno dei maestri del cinema contemporaneo e ha segnato gli ultimi vent’anni di cinema portoghese in maniera indelebile grazie a film fantasmagorici quali Tabù e Le Mille e una Notte.
È proprio questo il cinema che ci muove e che continueremo a mettere al centro del nostro percorso e della nostra ricerca
L’omaggio speciale a Daniele Del Giudice, autore che ha rappresentato uno dei vertici assoluti della letteratura italiana degli ultimi 40 anni e che a Venezia ha lasciato un suo segno indelebile, è sicuramente uno dei passaggi più attesi e sentiti del festival. Un omaggio a una persona che ha rappresentato moltissimo per la vita letteraria e culturale della città, Daniele Del Giudice. Quando e come è nata l’idea e come si concretizzerà?
La scoperta di Del Giudice per noi è piuttosto recente, frutto di una bella amicizia con un festival di cinema di Palermo, il Sicilia Queer Filmfest, e con il suo direttore Andrea Inzerillo. Quando Andrea venne a Venezia qualche anno fa ci chiese dove riposasse Del Giudice e noi, che quel nome l’avevamo sentito ma mai approfondito, non lo sapevamo. La cosa ci aveva però incuriositi e abbiamo così iniziato a leggere tutta l’opera di Del Giudice, rimanendone ammaliati. Il festival di quest’anno non poteva quindi, per quanto ci riguarda, che aprirsi con un omaggio al grande autore romano, ma veneziano di adozione, incentrato sulla proiezione de Lo Stadio di Wimbledon, adattamento cinematografico del suo capolavoro di Mathieu Amalric, che sarà, come dicevamo, qui con noi.
Molti di noi non erano qui ai tempi di Fondamenta, il progetto culturale concepito da Del Giudice, ma leggere e parlare di ciò che è stato e di che cosa ha significato quel festival per la cultura qui a Venezia ha rappresentato e rappresenta a tutt’oggi per noi un’ispirazione fortissima, perché restituisce un’idea viva e attiva del fare cultura in condivisione. «Fondamenta è… – affermava Del Giudice – una struttura aperta, una stazione orbitante alla quale ci si può agganciare secondo necessità, accogliendo altre forme espressive e di ricerca, teatro, musica, arti figurative, qualcosa che appartiene a tutti, che si farà nel farla, e funzionerà quanto più saprà modificarsi». Daniele Del Giudice è stato una voce unica nella letteratura non solo italiana, ma più estesamente internazionale, capace come pochi altri di anticipare le sfide della modernità attraverso pagine di folgorante bellezza. Ma l’apertura non è solo un omaggio a lui, quanto un modo per mostrare al pubblico uno degli adattamenti letterari più belli mai realizzati per il grande schermo, quello di Amalric per l’appunto, regista capace di trasporre in immagini cinematografiche testi di Simenon, Galéa e, ovviamente, Del Giudice. Il suo Lo stadio di Wimbledon è, rivendendolo oggi, un film capace di anticipare di venticinque anni le strutture e i temi del cinema contemporaneo, un mirabile esempio di modernità da parte di un autore che si è evoluto incessantemente nel tempo film dopo film.
Noi siamo ancora incantati dalla visione di The Brutalist , un film di cui sentiremo parlare per molto tempo
Quale sarà secondo voi il futuro del cinema indipendente, così come delle rassegne che si sforzano di tracciarne le geografie mutevoli? Quali i contesti nazionali che percepite più magmatici a riguardo?
Crediamo che, nonostante le continue morti annunciate del cinema, il cinema indipendente goda oggi di ottima salute. C’è un particolare e vivo fermento in questo mondo; si registra l’emergere di nuovi autori e autrici con sempre maggiore frequenza, sintomo di una voglia costante di cercare nuove voci nel cinema mondiale. Come Rete Cinema in Laguna siamo particolarmente interessati al lavoro di diverse cineaste contemporanee: Céline Sciamma, Alice Rohrwacher, Payal Kapadia, Laura Citarella, ma anche Alice Diop, Catarina Vasconcelos, Justine Triet, Mati Diop e molte altre ancora rappresentano degli autentici fari nel cinema contemporaneo. Da loro vengono le produzioni più innovative e coraggiose, sia in termini di contenuti narrativi che di linguaggi espressivi. In questo momento in Italia vi è una buona rete di festival che promuovono cinema indipendente guardando con occhi attenti e curiosi al futuro: pensiamo al Bellaria Film Festival, al Sicilia Queer Filmfest, al Lago Film Fest, al Cinema Ritrovato, ma anche a rassegne quali il Festival dei Popoli di Firenze o il Villa Medici Film Festival. Tuttavia, da veneziani, il nostro festival del cuore non può che essere la Mostra del Cinema, con quel suo sterminato programma in cui ognuno può trovare ciò che più gli piace. Noi siamo ancora incantati dalla visione di The Brutalist ad esempio, un film di cui sentiremo parlare per molto tempo.