Moralità di genere

Fulvio Pepe rilegge Lev Tolstoj e le sue “donne omicide”
di Sara Abra Carrol Smersu

La stagione di prosa al Teatro Goldoni si chiude con L’ultima domenica di agosto, una commedia scritta e diretta dal regista Fulvio Pepe, attore egli stesso di cinema (molti i ruoli in film e serie tv come Romanzo Criminale e Falcone e Borsellino) e teatro, in scena dal 16 al 18 maggio.

L’idea originale di questo spettacolo è stata ispirata dal dramma teatrale in cinque atti di Lev Tolstoj La potenza delle tenebre, scritto nel 1886 e rappresentato per la prima volta nel 1902 al Teatro d’Arte di Mosca. Lo scrittore russo prese spunto da un avvenimento realmente accaduto e, colpito nel profondo da questo fatto delittuoso, lo volle raccontare per consacrarne l’immortalità. Tuttavia la rappresentazione di questa importante commedia fu vietata in Russia dalla censura nel tentativo (vista la sua inquietante veridicità) di seppellire un fatto che conteneva non solo il sapore amaro e tragico della morte di un’innocente creatura, ma soprattutto l’ingarbugliato intreccio di temi come l’incesto, la disabilità, il desiderio smodato di ricchezza.
Il titolo stesso, La potenza delle tenebre, rimanda a una sorta di oscurità che ne simboleggia i fatti cruenti e il loro colore fosco appena schiarito sul finale. Proprio nell’ultimo atto, il rimorso del reo confesso riuscirà a stravolgere l’inno alla malignità che percorre tutta questa fabula. È importante riconoscere come tale redenzione sia in carico esclusi vo al protagonista maschile, e che di converso rimanga sospesa per le donne “assassine” che, nascoste dietro al silenzio del loro delitto, vivranno scansate da qualsiasi sorta di pentimento.

Possiamo considerare la rappresentazione che qui andrà in scena, un “retelling”, assimilabile a quel filone letterario che consiste nel raccontare di nuovo una storia prendendo spunto da un testo che qualcuno ha già scritto. Attenzione nessun plagio ma una lecita rivisitazione di un’opera (azione peraltro assimilabile a ciò che lo stesso Lev Tolstoj ha fatto scrivendo di un caso di cronaca vera). In questa sorta di reinterpretazione il regista Fulvio Pepe slega i personaggi dal copione che lo ha ispirato, ribaltandone nel genere i ruoli, tuttavia per quanto riguarda la scenografia egli si attiene agli stessi luoghi contadini del testo originale collocando l’azienda agri cola, spazio dove tutto si svolge, in un posto non ben identificato tra il Veneto e l’Emilia Romagna. È l’ambientazione stessa che ci introduce ai personaggi e che ne profila la fisionomia. L’immagine si apre su di una società popolare che sta risorgendo dal conflitto della Seconda Guerra mondiale, e che riconosce nel lavoro della terra, la vera e unica possibilità per la sopravvivenza.

Gli attori parlano tra di loro una lingua italiana spesso contaminata dal dialetto locale, creando un contrappunto che confe risce colore e incisività ai dialoghi. Mentre il personaggio chiave di Tolstoj rimane l’uomo (unico capace di pentimento), qui è proprio la figura femminile che diventa centrale, e che ci permetterà di riconoscere il sottile trait d’union che lega quest’opera all’opera ispiratrice. La trama è la seguente: una donna apparentemente risoluta ma nel contempo fragile e passionale, s’innamora con ardore di un uomo più giovane di lei, fatto anagrafico che di per sé rileva la fragorosa rottura dalle convenzioni dell’epoca e inquadra con nitore l’audacia di questa innamorata. Inebriata dal nuovo e insolito sentimento dal quale viene travolta, la donna sarà disposta a fare qualsiasi cosa pur di salvare il suo sogno d’amore, assumendo senza remore atteggia menti via via sempre più croccanti.
Se i toni con i quali si snodano i fatti si discostano, apparendo meno cupi rispetto alla cifra dell’opera teatrale russa, un importante nesso invisibile si raccorda con la storia facendoci riconoscere nella perfidia femminile della nostra protagonista l’offuscata crudeltà delle donne omicide di Tolstoj.

Colpo di scena - Stagione 2024/25

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