Alla Videoteca Pasinetti Circuito Cinema celebra il genio di un regista dall’approccio minimal e inconfondibile.
A cavallo tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ‘80 New York viene attraversata da un impetuoso fermento per lo più musicale denominato No Wave. Emersa dai febbrili downtown della metropoli, in radicale risposta ad alcuni modelli della New Wave ritenuti smaccatamente ammiccanti e commerciali (nonostante molti altri fossero condivisi), questa scena trovò la primordiale spinta propulsiva dalla sottocultura punk, e fu in grado di influenzare trasversalmente – seppure per brevissimo tempo – diversi ambiti artistici. Nemmeno il cinema, va da sé, riuscì a rimanere impermeabile a questo nuovo movimento e nel giro di qualche anno poté esprimere alcuni cineasti che – partendo dall’underground – seppero imporsi come seria alternativa all’oligopolio hoollywoodiano. È in questo contesto che Jim Jarmusch, nato ad Akron in Ohio ma newyorkese d’adozione, esordisce alla regia con il film Permanent Vacation (1980). Girato in 16mm e con un budget risibile, il film esprime – seppure in maniera ancora acerba – i tratti caratteristici del cinema di questo autore: personaggi marginali, approccio minimalistico, ironia di fondo al limite del grottesco (siamo tanto distanti da Hollywood quanto vicini alla Finlandia di Kaurismaki, in questo senso).
Con il secondo titolo, Stranger than Paradise (1984), Jarmusch riesce già a rivelarsi ad un entusiasta pubblico internazionale, affascinato dalla narrazione naive delle sue piccole storie quotidiane, mentre il terzo, Daunbailò (1986) con Roberto Benigni, John Lurie e Tom Waits diventa immediatamente un istant classic grazie all’atmosfera onirica che lo pervade e all’irresistibile inglese maccheronico di Benigni. Nel frattempo la New Hollywood, dopo un ventennio in cui il cinema americano era stato in grado di rinnovarsi e imporsi a livello globale grazie a una foltissima e autorevole schiera di autori, è inesorabilmente implosa spianando di fatto l’autostrada alla stagione dei blockbusters. Jim Jarmusch però ha una personalissima idea di cinema, e nonostante le numerose offerte non cede alle lusinghe del successo facile proseguendo per la sua strada e continuando a realizzare cinema in maniera indipendente anche quando ha l’occasione di lavorare con attori del calibro di Johnny Depp (Dead Man, 1995), Forest Whitaker (Ghost Dog, 1999), Bill Murray (Broken Flowers, 2005 o I morti non muoiono, 2019) o Adam Driver (Paterson, 2016 e ancora I morti non muoiono, 2019). Oggi, a oltre 40 anni dal suo esordio, Jarmusch, protagonista di una rassegna che Circuito Cinema gli dedica fino al 25 febbraio, non deve più dimostrare nulla: continua a mantenere saldamente il timone e ad evolvere, dirigendo film in maniera tanto originale e alternativa alle logiche di mercato quanto libera e scevra da ogni imposizione. Ad ogni costo.