“Choreo-photolist”. È così che Benji Reid – classe 1966, inglese di Manchester – si definisce, con un termine che egli stesso ha coniato per riferirsi alla coesistenza di fotografia, coreografia, teatro e narrazione nella propria espressione artistica.
Attivo sulla scena contemporanea fin dalla metà degli anni Ottanta come b-boy, Reid è stato pioniere del teatro hip-hop prima di diventare pluripremiato fotografo. Il suo lavoro, in tutte le sue declinazioni, esplora spesso quegli spazi in cui si intersecano razza, nazionalità e genere, con particolare attenzione alla blackness, alla salute mentale e alla paternità, intese come esperienze che riguardano, ma non definiscono univocamente, gli individui. Find Your Eyes è un lavoro del 2023 presentato al Manchester International Festival che arriva a Venezia in prima nazionale, in cui Reid mescola immagini afro-futuristiche con racconti di vita personale, esplorando vulnerabilità, tragedia e successo attraverso l’obiettivo del fotografo. C’è lui, in uno studio dove tre ballerini – Slate Hemedi, Salomé Pressac, Yvonne Smink – posano per la macchina fotografica, e due grandi schermi ai lati dove le sue foto appaiono nel momento in cui le scatta, estraendo “momenti fermi” dalla scena in movimento. «Quando scatto ritratti – dice la voce di Reid fuori campo – non mi interessa fotografare l’aspetto di qualcuno, ma quello che ha passato».
Uno spettacolo «potente – come l’ha definito il Guardian – intriso di devastante onestà e meraviglia». E in effetti non si risparmia nulla, Reid, nella costruzione di questo lavoro che esplora il “dove sono stato in tutti questi anni”: dalla lotta con l’alcol al dolore per l’ictus della madre, dai problemi di salute mentale alla vergogna, al senso di colpa. Ma Find Your Eyes è anche una celebrazione dell’evoluzione, un viaggio per andare avanti, trovare respiro, abbracciare l’imperfezione della vita. Un lavoro sfidante, sotto molti punti di vista. Quello emotivo, innanzitutto, per la quantità di storia personale messa in campo: anche se Reid nei propri lavori affronta spesso temi che lo riguardano da vicino, qui entra proprio nel personale, trasformando le proprie debolezze in una forma d’arte. Di metodo, perché in Find Your Eyes il palcoscenico diventa lo studio fotografico di Reid, mentre crea davanti al pubblico in tempo reale scatti in movimento di ascendenza hip hop: «volevo prendere la mia pratica artistica privata e renderla pubblica, aprendomi a un regno di vulnerabilità che non avevo mai attraversato prima», racconta. E temporale, infine, perché ci sono voluti più di due anni per elaborare la cornice concettuale esatta dove inscrivere Find Your Eyes, che è il culmine di una ricerca durata quasi sei anni. Find Your Eyes – uno spettacolo dove è lo stesso processo creativo a diventare performance – è un invito a vedere e un augurio di essere visti veramente.