Sotto la lente

Sergio Rubini riporta a Venezia Dmitrij Šostakovič
di Loris Casadei

Molto appropriato il titolo dello spettacolo che Valerio Cappelli, giornalista e scrittore, porta in scena al Teatro Malibran il 12 settembre: “Gli occhiali di Šostakovič “, con protagonista Sergio Rubini.

Da un lato richiama il tratto più caratteristico del compositore, gli occhiali dalla scura montatura con le spesse lenti da miope, dall’altro l’ambizione dichiarata di voler mostrare la sua vita senza filtri costrittivi e ideologici, ma neppure celebrativi. Un uomo apparentemente semplice, costretto a guadagnarsi da vivere in tempi difficili per un intellettuale musicista. Dmitrij Dmitrievič Šostakovič nasce a San Pietroburgo nel 1906, da famiglia borghese con madre pianista. Le sue prime composizioni risalgono già al 1915.
Bambino prodigio al conservatorio, è poi però costretto dalla morte del padre a lavorare nei cinema accompagnando al piano i film muti in sala. Il cinema fu sicuramente una sua passione, innumerevoli le colonne musicali da lui scritte, che per anni furono la sua reale fonte di sostentamento economico. La sua autobiografia del 1927 descrive molto bene questo periodo. Contraddittori i rapporti con Stalin, che talvolta lo difese nelle beghe della Lega dei compositori sovietici, ma non mancò di criticarlo aspramente nel 1936, dopo la rappresentazione al Bolshoi dell’opera Lady Macbeth dedicandogli addirittura un articolo Caos invece di musica. Con Stalin non si scherzava e Šostakovič si inchinò sempre ai voleri del dittatore. Inattendibile la biografia a cura di Solomon Volkov, che, edita negli Stati Uniti nel 1979, mostra un compositore fieramente oppositore del regime. Negli anni ‘60 prese la tessera del Partito Comunista e venne eletto membro del Soviet Supremo. Venezia potrebbe ricordare la rappresentazione di Lady Macbeth nel 1960. Dopo le proteste del Patriarca e di Andreotti per alcune scene giudicate scandalose, nella seconda serata parte dell’opera venne eseguita a sipario chiuso. Ma fu anche lo Šostakovič che restò affascinato dai musical a Broadway (in particolare da Il violinista sul tetto) o che compose la sua Quattordicesima Sinfonia (1970) con strumenti davvero inusuali per quei tempi. La pièce teatrale penetra in questi mondi apparentemente contraddittori. L’attore Sergio Rubini, che è anche valente regista e sceneggiatore, ben sa rendere questi variegati aspetti della personalità del compositore russo. Non mancheranno le musiche originali registrate, in primis la famosa Settima Sinfonia, che nel 1942 venne rappresentata nell’allora Leningrado assediata e leggenda racconta che perfino l’esercito tedesco cessasse gli attacchi per poterla ascoltare.

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