Alla Biennale Teatro lo stile eccessivo, nitido e quasi fumettistico di Öhrn incontra lo sguardo documentaristico del fotografo polacco Radziszewski. Il risultato è “Phobia”, un’aspra critica agli stereotipi di genere, mentre sul palco irrompono i Fag Fighters.
Alle Tese dell’Arsenalel il 25 e 26 giugno la Biennale Teatro presenta Phobia, una fantasia anarchica e sovversiva sui luoghi comuni dichiarati, latenti e inconfessati della società contemporanea. L’artista e regista svedese di base a Berlino, Markus Öhrn intreccia il suo stile eccessivo, nitido e quasi fumettistico a quello da indagine documentaristica del fotografo e artista polacco Karol Radziszewski per denunciare la violenza e gli stereotipi che ancora oggi ruotano attorno alle minoranze di genere. Ma non solo. In quest’opera si accusa anche la finta tolleranza, la presunta accettazione, l’ipocrisia di chi si fa sostenitore delle istanze di genere per questioni di marketing e immagine. Emerge una domanda come fil rouge di quest’opera: che cos’è l’omofobia? È solo la violenza esplicita e l’odio espresso direttamente, o è qualcosa che si nasconde nelle prospettive di integrazione diffuse da individui che desiderano porre delle norme? Sul palco, irrompono i Fag Fighters, un commando gay creato da Radzieszewki nel 2007. I Fag Fighters sono un’unità fittizia di guerriglia urbana che opera ai margini della società tradizionale, segnando il proprio territorio con firme scritte su graffiti e commettendo atti di violenza, inclusa la violenza sessuale. Il marchio identificativo dei Fag Fighters sono i loro passamontagna rosa. Questo gruppo in Phobia si confronta con i membri di una famiglia e con i rappresentanti del mondo degli affari e dell’arte. Markus Öhrn e Karol Radziszewski presentano alla Biennale la loro brutale lezione su una storia poco conosciuta e non raccontata della Polonia. L’ala destra polacca percepisce infatti la comunità gay come una minaccia mortale per l’ordine sociale. Radziszewski intercetta e amplifica questo discorso conservatore basato sugli stereotipi e lo trasforma in una fantasia asociale, anarchica, sovversiva. Phobia funge da critica ironica e tagliente della società moderna. Gli autori esaminano la questione della violenza e della stigmatizzazione degli stereotipi che circondano gli individui LGBTQ+ con i Fag Fighters. L’esame critico da parte dei creatori di questi tre ambiti: famiglia, affari e cultura, serve come pretesto per approfondire lo sfruttamento dei gruppi minoritari, spinti dal desiderio di costruire il proprio capitale simbolico, accumulare ricchezza o rafforzare l’autorità.