Concerti e conferenze spiegano al pubblico l’onda lunga di un compositore destinato ad influenzare generazioni di artisti dopo di lui, per arrivare fino a noi.
In occasione del centenario della morte, Gabriel Fauré viene celebrato da Palazzetto Bru Zane grazie ai lavori degli artisti che sono stati suoi allievi. Sette concerti e una conferenza, in programma a Venezia dal 23 marzo al 23 maggio, mettono in luce un compositore che si è collocato agli antipodi delle convenzioni, pur risultando capofila di un’intera generazione di musicisti. All’alba del XX secolo, Fauré assume il compito di voltare la pagina del romanticismo e di rasserenare un ambiente musicale profondamente diviso, come quello francese. Artista dal percorso atipico ma dai meriti indiscutibili, non frequenta il Conservatorio di Parigi e non dedica i primi capolavori alle scene liriche. Discepolo di Saint-Saëns alla Scuola Niedermeyer, si esprime anzitutto nei concerti d’avanguardia, nelle chiese e nei salotti. In una Francia lacerata dal caso Dreyfus, rappresenta allo stesso tempo un compromesso e una via nuova e la sua influenza come docente di composizione investe musicisti come Nadia Boulanger a Maurice Ravel passando per Florent Schmitt, Georges Enescu e Charles Koechlin. Nel XIX secolo, la via maestra di un compositore francese segue abitualmente una serie di tappe fisse: un brillante corso di studi al Conservatorio di Parigi, l’ottenimento del Prix de Rome per la composizione musicale, la produzione di opere liriche. Nessuno può sperare di conseguire gli incarichi più prestigiosi o di ricevere i massimi onori senza attenersi a questo percorso standard. Gabriel Fauré è invece il primo ad arrivarci seguendo tutt’altra strada.
Figlio del direttore di un istituto magistrale, a nove anni viene mandato alla Scuola di musica classica e religiosa recentemente fondata da Louis Niedermeyer. Qui, allievo di Clément Loret (organo), Camille Saint-Saëns (pianoforte) e dello stesso Louis Niedermeyer (composizione), riceve una formazione artistica rivolta sia verso i maestri antichi sia verso i moderni, destinata tuttavia a fare di lui unicamente un musicista di chiesa. Parallelamente alla carriera di maestro di cappella e di organista, Fauré mostra nei grandi salotti parigini un altro aspetto di sé. Sostenuto da mecenati influenti, in particolare dalla principessa di Polignac, trova presso l’aristocrazia francese uno spazio d’espressione formidabile e perfettamente adatto alla sua sensibilità, che non smette mai di esplorare il genere della mélodie francese: il suo catalogo ne conta oggi centoundici. L’inizio del XX secolo vede dunque la consacrazione ufficiale di Fauré. Dopo essersi infine piegato alle usanze liriche dell’epoca con Prométhée, rappresentato all’Arena di Béziers nel 1900, e con Pénélope, andata in scena al Teatro di Monte Carlo nel 1913, il compositore viene nominato direttore del Conservatorio (1905) e poi è eletto membro dell’Institut de France (1909). La sua fama si impone anche in sala da concerto, in particolare con il successo della Pavane e delle musiche di scena di Pelléas et Mélisande. Si potrebbe considerare quest’ultima fase come un passaggio all’accademismo, o pensare che il musicista, invecchiando, si sia ripiegato in un’estetica superata, ma in realtà Fauré si mostra perfettamente attento alle aspirazioni dei suoi allievi.