Dal 23 al 26 marzo Geppy Gleijeses porta in scena al Teatro Malibran la prima versione teatrale italiana del magistrale dramma giudiziario di Agatha Christie, Testimone d’Accusa. Nel cast Vanessa Gravina, Giulio Corso e Paolo Triestino. I giurati? Scelti tra il pubblico, ogni sera diversi.
All’inizio era un semplice racconto di venti pagine scritto da Agatha Christie nel 1925 e pubblicato sulla rivista «Flynn’s Weekly» con il titolo Traitor’s Hand. Nel 1953 Witness for the Prosecution diviene una pièce teatrale di strepitoso successo, che dopo la prima londinese al Winter Garden debutta a Broadway, dove rimane in cartellone per 654 rappresentazioni consecutive. Qualche anno più tardi, nel 1957, il grande Billy Wilder ne trae un film che ottiene sei candidature agli Oscar. Interpreti indimenticabili Charles Laughton, Tyrone Power e una Marlene Dietrich che ben identifica, parole della Christie, «la donna pallida e tranquilla, ma che al processo si staglia come una figura di assoluto rilievo contro il fondo cupo dell’aula. Era simile a un fiore tropicale».
Un paio di annotazioni curiose vanno qui fatte. In primis, la scrittrice spesso nei suoi racconti permette ai colpevoli di sfuggire indenni alla giustizia, un finale ovviamente non ammesso in America negli anni ‘50 in pieno maccartismo imperante; per questo il film contiene una variazione di non poco conto rispetto al testo originario. Da notare poi lo strano rituale del pince-nez dell’avvocato, teso a capire dagli occhi dell’imputato se colpevole o innocente. È uno dei tanti rimandi alla passione della Christie per la magia, disseminata invisibilmente in tutti i suoi racconti. Nella propria autobiografia la scrittrice afferma: «Una serata a teatro spicca nella mia memoria in modo particolare: la prima di Witness for the Prosecution. Posso dire con certezza che è stata l’unica prima serata che mi sia piaciuta».
Numerosi i remake fatti o annunciati. Nel 2016 Ben Affleck avrebbe dovuto dirigere un nuovo adattamento con Nicole Kidman, uscì invece la miniserie televisiva britannica The Witness for the Prosecution, con regia di Julian Jarrold. Le ultime riprese londinesi dello spettacolo teatrale pre-pandemia hanno pure avuto grande successo e si sono tenute in una vera aula di tribunale con ampio coinvolgimento di pubblico. Una versione italiana non poteva essere tentata da altri se non da Geppy Gleijeses, allievo prediletto di Eduardo De Filippo, da 50 anni sulle scene italiane e internazionali.
Sue le note di regia: «Il gioco non verte sulla psicologia dei personaggi, quanto sulla perfezione del meccanismo. Non concede tregua alla tensione, affonda come una lama di coltello affilatissima nella schiena di chi osserva». Il pubblico è invitato a partecipare in vari modi. Sei spettatori sono chiamati ogni sera a fungere da giurati, come nelle riprese londinesi e come nel Processo a Gesù, altra pièce teatrale che Gleijeses ha diretto al Quirino di Roma nel 2022. In scena molta attenzione ai dettagli; ad esempio lo stenografo processuale utilizza una vera macchina da scrivere del periodo, precisamente del 1948, per riprodurre il tipico ticchettio.
Il regista, peraltro attore da una vita, si identifica nel ruolo del classico capocomico di tradizione italiana, «un ruolo impegnativo, in cui non devi preoccuparti solo della tua parte, ma sorvegliare che tutto funzioni in scena: i vizi e i vezzi, le virtù e i limiti della recitazione dal vivo», e accetta la definizione di accentratore. Tra gli interpreti Vanessa Gravina, coraggiosa nell’affrontare i ruoli più difficili della storia della drammaturgia, da Antigone a Lisistrata, da Caterina di Padova de La bisbetica domata ad Anaïs Nin, e l’affascinante attore siciliano Giulio Corso, già interprete de Il Paradiso delle Signore, ma anche del musical Rapunzel e dell’ultimo Grease.