Alessandro Bergonzoni porta Arrivano i Dunque al Teatro Toniolo di Mestre il 4 e 5 aprile. Un monologo travolgente dove il linguaggio si fa gioco e riflessione, tra associazioni fulminee, paradossi e provocazioni filosofiche.
Attore, commediografo, comico e anche un po’ filosofo, Alessandro Bergonzoni scombina il senso delle parole anche quando definisce se stesso: «Sono un coacervo di energie impensabili a me sconosciute. Vorrei essere pensato come uno che non è del tutto in sé, ma ha del tutto in sé». Da oltre vent’anni sulla scena, rifiuta l’etichetta di “quello che gioca con le parole”, perché, dice, «semmai sono le parole che giocano con me. Io sono solo un’antenna che le capta e le ritrasmette. A me interessa di più il pensiero».
Arrivano i Dunque, il suo ultimo spettacolo, si sviluppa nella consueta forma del monologo, un flusso ininterrotto di associazioni, paradossi e riflessioni che oscillano tra l’assurdo e il filosofico. La scenografia è essenziale: un semplice tavolo al centro del palco e lui, vestito di nero, in un minimalismo che concentra tutta l’attenzione sulla potenza della parola, intesa come un suono e come un mezzo per sovvertire il senso comune.
Sotto la superficie del gioco linguistico, Bergonzoni lascia emergere temi attuali e universali, dimostrando ancora una volta il suo talento nel trasformare il linguaggio in un’esperienza intellettuale che destruttura e ricompone la realtà. Il suo è un viaggio tra pensieri fulminei e ragionamenti complessi, dove ogni parola sembra prendere vita propria, ribellarsi, moltiplicarsi in significati imprevisti.
Arrivano i Dunque è «un’asta dei pensieri» in cui l’attore si fa battitore d’eccezione, alla ricerca del «miglior (s)offerente per mettere all’incanto il verso delle cose: magari d’uccello o di poeta», varcando «il fraintendere, fino all’unità di-smisura, tra arte e sorte, fiamminghi e piromani, van Gogh e Bangkok, bene e Mahler, sangue fuori mano e stigmate, stigmate e astigmatici, Dalì fino Allah». Il ritmo è serrato, non c’è spazio per la distrazione. Bergonzoni diverte ma non concede tregua: ogni frase è una miccia accesa, ogni parola un detonatore di senso, in un gioco vertiginoso dove il pubblico è chiamato a inseguire il suo pensiero senza mai restare indietro.