Economie di scopo

Intervista a Serena Bertolucci, Direttrice Museo M9
di Mariachiara Marzari
trasparente960

Inizia il mandato triennale della nuova direttrice di M9 con la grande mostra dedicata a Banksy. Un museo accessibile, in cui la multimedialità è stumento di inclusione democratica.

Una laurea con lode, conseguita all’Università degli Studi di Genova, e un diploma post laurea in Storia dell’Arte e delle Arti Minori, conseguito sempre con lode all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, sono solo l’inizio di un importante percorso professionale all’interno di prestigiose realtà museali del nostro Paese. Serena Bertolucci, direttore prima del Museo Palazzo Reale e della Galleria Nazionale di Palazzo Spinola a Genova, poi alla direzione della Fondazione Palazzo Ducale per la Cultura sempre di Genova, dove ha operato con successo negli ultimi cinque anni, giunge ora all’M9 – Museo del ‘900 in qualità di nuovo direttore, come provocatoriamente si definisce («Non dobbiamo accontentarci della grammatica femminista», specifica). «Affidiamo la guida di M9 – sottolinea Michele Bugliesi, presidente della Fondazione di Venezia – a una professionista con grande esperienza e altissime competenze sul piano della gestione museale e della programmazione culturale, che si affiancano alla sensibilità e alla passione che ha sempre dimostrato nel corso della sua carriera. La sua nomina segna l’avvio di una nuova fase di vita e, ne siamo certi, di ulteriore crescita del Museo del ‘900». Conservazione, valorizzazione, riallestimento e accessibilità, programmazione e gestione territoriale coordinata: il nuovo direttore di M9 è dotata di una visione lucida, aperta, contemporanea del ruolo del museo all’interno della collettività, della sua vocazione di luogo di cultura nel e per il territorio. La sua cifra identitaria si caratterizza per una gestione che coniuga una marcata competenza manageriale con una radicata direzione scientifica. Dal primo gennaio 2024 è iniziata dunque per il Museo del ‘900 una nuova fase che intende consolidare e rafforzare ulteriormente il suo ruolo di centro culturale metropolitano, coniugando cittadinanza e memoria, pubblico di prossimità e di lontananza, visione e concretezza, per la costruzione di un futuro partecipato. Un percorso che intende connotare la progettualità del Museo su due livelli, non paralleli bensì convergenti e integrati tra di loro: quello delle attività permanenti e quello delle esposizioni e delle altre attività in divenire. Il tutto informato da un’elaborazione critica dei grandi temi del presente. In quest’ottica si inseriscono le due esposizioni temporanee del 2024, dedicate all’artista britannico Banksy (Banksy. Painting Walls, dal 23 febbraio al 2 giugno) e al fotografo canadese Edward Burtynsky (BURTYNSKY: Extraction/Abstraction, dal 21 giugno al 12 gennaio 2025). Un percorso in cui l’arte contemporanea e la fotografia, in dialogo con la mostra permanente, diventano fonte privilegiata di interpretazione tanto della Storia quanto del nostro presente. Da sempre sostenitori di M9 e del suo ruolo fondamentale di motore di crescita e di innovazione non solo culturale, ma soprattutto civile e sociale, abbiamo voluto conoscere il nuovo direttore per augurarle il nostro partecipato “buon lavoro”.

La sua definizione di Museo.
«Il museo è un’istituzione permanente senza scopo di lucro e al servizio della società che effettua ricerche, colleziona, conserva, interpreta ed espone il patrimonio materiale e immateriale. Aperti al pubblico, accessibili e inclusivi, i musei promuovono la diversità e la sostenibilità. Operano e comunicano eticamente e professionalmente e con la partecipazione delle comunità, offrendo esperienze diversificate per l’educazione, il piacere, la riflessione e la condivisione di conoscenze». Questa la bellissima definizione di ICOM (International Council of Museums) che faccio mia: il museo è un luogo vivo, di tutti, dove si conserva il nostro patrimonio, dove si impara e dove ci si può persino divertire. Non è possibile che ancora porti con sé una sensazione noiosa e stantia; eppure è così: nella nostra lingua quando si dice “roba da museo” si pensa a qualcosa di inutile, vecchio e polveroso. Ecco, il mio museo ideale è tutto l’opposto. Un luogo democratico e della democrazia, dove tutti possono trovare qualcosa che possono comprendere e di conseguenza amare.

Il museo è un luogo vivo, di tutti, dove si conserva il nostro patrimonio, dove si impara e dove ci si può persino divertire. Un luogo democratico e della democrazia, dove tutti possono trovare qualcosa che possono comprendere e di conseguenza amare.

Dalla sua esperienza di direzione museale, quali i punti nodali da sviluppare per una dinamica gestione contemporanea e quali i suoi modelli di riferimento?
Mai perdere di vista che il museo è luogo della comunità; un museo più è vivo più ha il coraggio di andare verso tutti, perché il patrimonio culturale è per tutti e di tutti. Quindi accessibilità, accessibilità, accessibilità. Non solo fisica, ma cognitiva, esperienziale, tagliata su misura per ogni target di pubblico, ma senza mai perdere autorevolezza e credibilità. Il che significa essere attendibili nelle informazioni e nei servizi, essere rigorosi nello studio ma disponibili alla condivisione, essere attenti alla gestione economica, prestare orecchio alle esigenze della comunità. Ecco, in un periodo in cui i bisogni culturali sembrano diminuire, occorre lavorare molto per far rinascere il desiderio del museo. Ho la fortuna di avere molti amici e maestri nel mio settore: Paola Marini, che molto ha fatto e sta facendo per Venezia e il Veneto, Michele Lanzinger, direttore del MUSE e presidente di ICOM Italia, Mauro Felicori, già direttore della Reggia di Caserta, Carmelo Malacrino, già direttore del Museo archeologico di Reggio, Paolo Giulierini, che ha svolto un lavoro straordinario al MANN di Napoli. E ancora Eva Degl’Innocenti, Martina Bagnoli, Cecilie Hollberg, Paola D’Agostino, Christian Greco, Marco Pierini, Simone Verde, recentemente nominato agli Uffizi, tutti grandi professionisti con i quali ho la fortuna di potermi confrontare continuamente.

Fattori cardine del successo: numero di visitatori e produzione culturale. Quali a riguardo le linee guida del suo mandato?
Innanzitutto non credo che questi siano gli unici indicatori del successo di un luogo della cultura. Credo che un museo svolga il proprio lavoro in modo adeguato quando la sua azione è simile a un sasso gettato nell’acqua, che produce cerchi concentrici intorno a sé. Ecco, l’azione di un luogo della cultura è questo: proporre eventi, mostre, conferenze, attività didattiche nell’ottica di sollecitare, produrre altre azioni e riflessioni che non necessariamente devono riportare al museo, ma propagarsi in altri luoghi. Questo vorrei contribuire a fare dell’M9 nei prossimi tre anni: un motore di curiosità e scoperta, un luogo utile al benessere della comunità, un motivo di orgoglio per i residenti. Si chiamano economie di scopo. E se saremo bravi anche quelle di scala arriveranno.

Accessibilità, accessibilità, accessibilità. Non solo fisica, ma cognitiva, esperienziale, tagliata su misura per ogni target di pubblico, ma senza mai perdere autorevolezza e credibilità.

M9, un museo unico nel suo genere, perché dedicato alla storia del Novecento ancora in gran parte da sedimentare e proprio per questo necessario per ricostruire una memoria collettiva in gran parte perduta. Molto è stato fatto in questo quinquennio, tuttavia riteniamo che vi sia ancora moltissimo potenziale inespresso in termini di attrattiva museale. Da quali elementi della storia del ‘900 prende il la la sua nuova direzione?
Il Novecento è una straordinaria chiave di lettura del presente; se non si conosce quel passato è difficile comprendere cosa accade in questi anni, anzi, direi proprio più specificamente in questi nostri stessi giorni. La guerra, la condizione femminile, l’ambiente sono continuamente declinati sotto vari aspetti nel percorso di M9 e sono di un’attualità enorme. Ecco, far capire che la storia non è una vetrina impolverata ma un paio di occhiali che ci aiuta a vedere meglio, questo mi piacerebbe riuscire a ben restituire attraverso la mia direzione.

Impianto multimediale da un lato e coordinamento con mostre e programmazione temporanee dall’altro, questo il tratto identitario sin qui assecondato da M9. Quali i programmi per il 2024?
Mettere in dialogo questi due tratti. Commistioni, confronti, racconti, mescolando linguaggi e tecniche. Le mostre di Banksy e Burtynsky guardano in questa direzione; sono due giganti dal respiro internazionale che hanno molto da dire sui grandi temi dell’oggi. Ma anche i Dialoghi nel ‘900 che proporremo all’interno del percorso permanente, accostando opere d’arte e volumi, vanno in questa direzione. E poi particolare ascolto ai giovani e alla comunità, azioni in rete con le altre istituzioni culturali del territorio; grande attenzione alle attività educative e al lifelong learning, perché ogni giorno è una buona occasione per imparare qualcosa. E M9 ogni giorno deve essere pronto a produrre questa occasione.

Museo e territorio. Venezia/Mestre, due realtà contigue e al contempo lontanissime. Quali le traiettorie da seguire per un Museo che incida in maniera congrua e vincente in un contesto territoriale così composito?
I musei sono ponti, luoghi dove le diversità trovano un motivo per comprendersi e per accogliersi. La mostra di Banksy nasce proprio così: poter dare i mezzi per comprendere meglio il “bimbo migrante” che Banksy eseguì cinque anni fa sul muro di un palazzo del centro storico di Venezia: l’intento è di iniziare a creare un patrimonio di conoscenze comuni che aiuti residenti e ospiti a comprendere meglio ciò che li circonda. Mi piacerebbe che questo potesse diventare una buona pratica per generare un’azione culturale globale e potente, dove ogni attore riesca ad avere una propria dimensione e dove M9 possa esercitare al meglio un ruolo di centralità è responsabilità.

Foto in evidenza: © Giorgia Rorato